Genova, crollo ponte: il progettista Morandi nel ’79 scriveva «Si corrode, va protetto»
ROMA – Quando passano 50 anni, la memoria storica si affievolisce. Bene dunque il giornalismo capace di investigare e approfondire. Come hanno fatto i colleghi della Verità, diretta da Maurizio Belpietro, che sono riusciti a ritrovare uno scritto del progettista del ponte sul Polcevera, ossia l’ingegner Riccardo Morandi. Che già nel 1979, ossia 12 anni dopo l’inaugurazione del viadotto, scriveva che sarebbero stati necessari interventi. Furono fatti? In quel tempo le autostrade italiane erano ancora statali. Chi se ne occupò? Ci sono carte al Ministero dei trasporti che fanno riferimento alle preoccupazioni di Morandi? Che affermava: «Penso che prima o poi, e forse già tra pochi anni, sarà necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chimica».
Nella relazione dal titolo «Il comportamento a lungo termine dei viadotti sottoposti a traffico pesante situati in ambiente aggressivo: il viadotto sul Polcevera, a Genova», scrive la Verità, Morandi lanciava un concreto allarme corrosione: «La struttura viene aggredita dai venti marini (il mare dista un chilometro) che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si crea così un’atmosfera, ad alta salinità che per di più, sulla sua strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell’acciaieria (il vecchio stabilimento Ilva, ndr) e si satura di vapori altamente nocivi. Le superfici esterne delle strutture – segnalava il progettista – ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi più direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica. Insomma, è
già in atto una “perdita di resistenza superficiale del calcestruzzo».
Morandi accennava anche a non meglio definite «piastre letteralmente corrose in poco più di cinque anni (quindi nel 1972, ndr) e hanno dovuto essere sostituite, con processi piuttosto complicati, con elementi in
acciaio inox». L’ingegnere concludeva insistendo sulla necessità di proteggere la superficie in calcestruzzo, per accrescerne la resistenza chimica e meccanica all’abrasione. E suggeriva l’impiego di resine e di elastomeri sintetici. Tutte queste indicazioni, messe nero su bianco 39 anni fa, si suppone siano state raccolte da chi, all’epoca, doveva occuparsi della manutenzione. Ma erano un segnale anche per tutti coloro che se ne sarebbero dovuti occupare anche dopo. Il gestore delle autostrade, certo, ma anche lo steso Ministero dei trasporti che, stando alle prime indicazioni trapelate sul contratto di concessione (fra l’altro coperto in alcune parte da omissis che farebbero riferimento a un non meglio precisato segreto di Stato) avrebbe dovuto verificare e controllare direttamente.