Pensioni d’oro: Di Maio contro Brambilla. Ma non sa (o finge di non sapere) di cosa parla
ROMA – Se fosse un parlamentare qualunque, Luigi Di Maio potrebbe raccontare tutte le storie che vuole. Ma da un capo partito che è anche vice presidente del consiglio, certe affermazioni risultano intollerabili e fastidiose. Dopo lo studio, molto ben fatto, di Alberto Brambilla (consulente di Salvini) che dimostra l’assoluta impossibilità di poter votare lo sconclusionato disegno di legge già depositato (dove si ipotizza non il ricalcolo dei contributi con il sisterma contributivo, ma il taglio in base a quando uno è andato in pensione), lo stizzito Di Maio ha commentato: «Nel contratto di governo abbiamo scritto che vogliamo tagliare le pensioni d’oro (sopra i 5 mila euro, non sopra i 4 mila ndr). Sia ben chiaro che noi nel tagliarle agiamo su chi prende dai 4mila euro netti in su e se non hanno versato abbastanza contributi per arrivare a quella cifra noi tagliamo quella pensione privilegiata. Si stanno trattando queste persone come dei poveri disperati».
E siamo daccapo: Di Maio non sa, o mostra di non sapere, di che cosa parla. Oppure, visto che è in grave difficoltà, gli fa comodo recitare il ruolo dell’intransigente. Il ricalcolo dei contributi non è possibile e il disegno di legge depositato parla di anzianità e basta. E’ vero che finora non ne ha azzeccata una e che ha il terrore di non riuscire a concedere nemmeno un centesimo per il promesso reddito di cittadinanza, ma è altrettanto vero che un alto esponente del governo non può continuare a recitare un copione falso, manifestando inquietudine quando glielo fanno notare. La sua conclusione? Stizzita ma, ancora una volta, priva di significato compiuto: «Si va avanti, se qualcuno vuole dire che il contratto di governo non bisogna attuarlo lo dica chiaramente». Applausi…