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Palermo: la Procura esamina le carte giunte da Agrigento, molti nodi da sciogliere

Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio

PALERMO – Dopo aver ricevuto le carte dal procuratore di Agrigento, di qui alla fine della prossima settimana il procuratore di Palermo Franco Lo Voi, l’aggiunto Marzia Sabella e gli altri magistrati dell’ufficio dovranno studiarle per stabilire con quali richieste trasmettere gli atti al tribunale dei ministri nel procedimento a carico del titolare del Viminale finito sotto inchiesta (insieme al capo di gabinetto Matteo Piantedosi) per il trattenimento illegittimo di 177 migranti a bordo della nave militare Diciotti.

Ieri, al secondo piano del palazzo di giustizia, ci sarebbero state le prime, lunghe riunioni. Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ha individuato cinque possibili accuse. Tanto per cominciare il sequestro di persona semplice e il sequestro di persona a scopo di coazione, introdotto con il recente articolo 289-ter del codice penale; reato punito con una pena più pesante, che rientra nella categoria dei «delitti contro la personalità dello Stato» (quelli solitamente contestati ai terroristi) e finirebbe per assorbire l’altro tipo di sequestro compreso fra i «delitti contro la persona».

Inoltre, un’eventuale imputazione per il 289-ter potrebbe non rimanere confinata al solo Salvini, giacché il presunto ricatto agli organismi europei per costringerli a farsi carico dei migranti sequestrati a bordo della Diciotti sarebbe stato rafforzato dalle contemporanee o successive dichiarazioni di altri componenti del governo: il presidente del Consiglio Conte, l’altro vicepremier Di Maio, il ministro dei Trasporti Toninelli. Sono ipotesi da valutare sulla base degli elementi già raccolti, fatta salva l’autonomia dell’attività politica e di governo; è dunque possibile che nel suo ruolo «classificatorio, sollecitatorio e di impulso», (così lo definisce la dottrina) la Procura chieda al tribunale dei ministri di prenderle in considerazione attraverso ulteriori accertamenti che solo a quell’organismo sono consentiti.

Un altro reato inizialmente considerato dalla Procura di Agrigento era l’arresto illegale, che presuppone l’esistenza di un provvedimento (l’arresto, per l’appunto) che in questo caso non c’è. Anzi, l’accusa di sequestro deriva proprio dal fatto che i migranti sono stati costretti a rimanere sulla Diciotti in assenza di un provvedimento motivato di chicchessia; tutto sarebbe avvenuto, secondo ciò che è stato ricostruito finora, sulla base di ordini e indicazioni trasmesse a voce.

Gli altri reati configurati, omissione di atti d’ufficio e abuso d’ufficio, sono residuali; in particolare il secondo, previsto quando non sussistano accuse più gravi. E in tal caso il peso anche politico di tutta la vicenda verrebbe ridimensionato.

La Procura di Palermo deve limitarsi a un «preventivo inquadramento giuridico della fattispecie» prima di trasmettere il fascicolo al tribunale dei ministri, il quale diventerà il dominus e deciderà in totale autonomia. Si dovrà chiarire anche la competenza territoriale: se il trattenimento dei migranti è cominciato al largo di Lampedusa il giudizio spetterà ai giudici di Palermo; se invece il mancato approdo era giustificato e l’ipotetico sequestro si è verificato a Catania, allora le carte dovranno ripartire per la città etnea. Dove, eventualmente, un altro tribunale dei ministri dovrà rivalutare tutto daccapo. Un bel busillis, complimenti alla Procura di Agrigento.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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