Censis: sette italiani su 10 sostengono che si stava meglio prima della crisi
ROMA – Aspettative in calo, diseguaglianze sociali, rancore, chiusura e repressione, sullo sfondo di una società che ha rinunciato a consumi e investimenti. Sono queste le caratteristiche dell’eredità lasciata all’Italia dalla crisi del 2008 secondo la ricerca ‘Miti del rancore, miti per la crescita: verso un immaginario collettivo per lo sviluppo’ condotta dal Censis in collaborazione con Conad.
L’analisi sull’Italia, presentata oggi a Roma, mostra un Paese che nutre un forte disagio per il presente, ha una grande nostalgia del passato (7 italiani su 10 sostengono che si stava meglio prima) ed è incapace di investire nel proprio futuro. Le ragioni sono tante: dalla bassa natalità (dal 1951 a oggi si sono persi 5,7 milioni di giovani), alla progressiva scarsità di reddito (rispetto alla media della popolazione, le famiglie giovani, con meno di 35 anni, hanno un reddito più basso del 15% e una ricchezza inferiore del 41%), dalla crisi sociale allo smarrimento della cultura del rischio personale.
Crescono, alimentati dal rancore, anche i pregiudizi verso ciò che è diverso: 7 italiani su 10 sono contrari al matrimonio con una persona più vecchia di almeno 20 anni o dello stesso sesso, oltre che a quello con persone di differente religione, in particolare islamica. 4 su 10, poi, non vedono di buon occhio l’unione con immigrati, asiatici o africani.
Il 95% degli italiani è poi convinto che per fare strada nella vita occorra conoscere le persone giuste, oppure provenire da una famiglia agiata (l’88%) o avere fortuna (il 93%). Eppure, nell’ultima fase della recessione e nella timida ripresa gli italiani dispongono di una liquidità totale di 911 miliardi di euro (cresciuta di 110 miliardi tra il 2015 e il 2017), pari al valore di un’economia che, nella graduatoria del Pil dei Paesi europei post-Brexit, si collocherebbe dopo Germania, Francia e Spagna. Insomma, l’Italia ha smarrito la capacità di guardare avanti e si limita a utilizzare le risorse di cui dispone senza tuttavia seguire un preciso programma.
Lo dimostra anche l’incidenza degli investimenti sul Pil, scesa al 17,2%, che colloca l’Italia a distanza dalla media europea (21,1%), da Francia (23,5%), Germania (20,1%) e Spagna (21,1%). La crisi che blocca l’Italia è dunque economica ma anche sociale e per questo Censis e Conad hanno avviato un progetto di ricerca, comunicazione e confronto aperto a tutti gli attori del vivere sociale per favorire l’avvio di una riflessione comune che si trasformi in una nuova spinta propulsiva per costruire il futuro di ciascuno e del paese.