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Siena: morto il cavallo caduto al Palio straordinario. Protestano i popolari ecologisti

SIENA – «Al Palio straordinario di Siena, per il centenario della Prima guerra mondiale, ieri un cavallo si è ferito gravemente, fratturandosi la zampa anteriore. Questa mattina è stato comunicato il decesso. Con la sua morte, salgono a otto i cavalli deceduti in questa manifestazione dal 2000. Bisogna dire basta allo svolgimento di manifestazioni che possono provocare danni e lesioni agli animali. Questi spettacoli sono un insulto alla vita e uno schiaffo all”immagine del bel Paese». Lo ha detto, in una nota Rinaldo Sidoli, segretario di Alleanza popolare ecologista.
«Dopo questa tragedia il minimo che si possa fare è abolire il Palio di Siena. È una delle gare più pericolose in assoluto – spiega Sidoli -. Circa 50 cavalli sono morti dal 1970 a oggi. È davvero un’indecenza che si tolleri questa crudeltà in nome di una esibizione che si fonda sullo sfruttamento degli animali a fini commerciali. Nel 2015 la cavalla Periclea si infortunò in questa medesima competizione e fu abbattuta a soli sette anni. Consideriamo inaccettabile che la vita di Raoul sia cessata per colpa di un rito retrogrado – conclude -. Siamo sinceramente
stanchi di questa violenza e di questi maltrattamenti. La morte di animali è una costante, con una tragica media di un decesso ogni due anni. Il Palio non può essere considerato un patrimonio dell’umanità, perché non vi può essere nulla di culturale nello sfruttamento di una creatura vivente e nella sua morte. Le tradizioni si devono adeguare alla crescente sensibilità e favorire il rispetto della biodiversità».

Il Comune di Siena spiega in una nota che «il cavallo dato in sorte alla Contrada Imperiale della Giraffa è deceduto a
seguito di un infortunio dopo essere stato prontamente soccorso, sedato e trasportato con una biga alla clinica veterinaria Il Ceppo. Il dispiacere” per la morte dell’animale è di tutta la città che ama i cavalli e li rispetta, e non
accetta provocazioni da chiunque abbia solo l’interesse a farsi pubblicità, non conoscendo la nostra cultura, tradizione, rispetto e cura dei cavalli».

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