Coni: frattura col governo, Malagò minaccia dimissioni
ROMA – La luna di miele del Coni con i governi Renzi (soprattutto) e Gentiloni sembra destinata a sparire. Almeno questo è quello che si deduce dalla parole del n. 1 del Comitato Olimpico, a suo tempo mai in disaccordo col rottamatore. «Non è una riforma, ma un’occupazione». L’attacco ad alzo zero di Giovanni Malagò apre lo scontro col governo sulla riforma del Coni, messa in cantiere dal governo Lega-Cinquestelle. «Il fascismo aveva rispettato la nostra autonomia…», il duro affondo del n.1 dello sport italiano. Morale? Questo governo si dimostra pericoloso ogni giorno di più. Soprattutto perchè nei suoi atti c’è il sapore della vendetta verso chi non si allinea alle volontà gialloverdi. C’era stata la polemica sulle Olimpiadi e il Coni aveva obiettato. Movimento 5 stelle e Lega sono passati alle contromosse, dando un colpo mortale al Comitato Olimpico con 4 righe inserite nella discussa e discutibilissima Manovra.
E a chiarire che dal governo non ci sono arretramenti è la replica di Giancarlo Giorgetti e Simone Valente, una nota congiunta che consolida l’asse delle due forze di governo sulla via dello scorporo di Coni Servizi e dei suoi fondi – col nome Sport e Salute – dal Coni olimpico: «Molti sono con noi, andiamo avanti con serenità. La riforma è nel contratto di governo». «Il contratto dice il contrario – replica Malagò -: di fare ulteriori controlli, avere una ‘condivisionè sia sui criteri sia sulle scelte dell’individuazione delle persone».
Durante il Consiglio, Malagò ha anche estratto dal cilindro la parola dimissioni, sottolineando di non essere intenzionato a mollare. Se la riforma avesse investito il Coni già dal 2019 «non avrei esitato a dimettermi», assicura. Ma dovendo diventare effettiva dal 2020 «io non abbandono la mia barca a pochi mesi dalle Olimpiadi: non vado a fare il notaio né il becchino del Comitato olimpico».