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La Commissione Ue, rigida con Conte, confessa di aver favorito Renzi e Gentiloni

Commissione Ue
La Commissione Ue

BRUXELLES – La Commissione europea fa ufficialmente mea culpa sulla flessibilità concessa negli ultimi anni ad alcuni Stati per ragioni politiche e confessa di aver favorito per questo soprattutto i governi Renzi e Gentiloni, ovviamente perché di sinistra. Conseguentemente afferma implicitamente che adesso la sua posizione è più rigida perché trattasi di Governo di destra, impersonato soprattutto da Salvini. In un rapporto ufficiale dunque la Commissione Ue riconosce di averne «abusato, talvolta in modo inappropriato, per esempio quando si è trattato di stabilizzare una situazione politica». Il collegio dei commissari è giunto a questa conclusione nella seduta del 10 ottobre scorso, nella quale c’è stata una discussione sul Patto di Stabilità e sugli errori commessi nella sua applicazione.

I contenuti emergono dal verbale della riunione, nel quale non vengono citati esplicitamente i Paesi oggetto della riflessione. Anche se ce n’è uno in particolare che ha goduto di un’interpretazione elastica delle regole. L’arcano è stati rivelato dallo stesso presidente dell’esecutivo comunitario: «L’Italia è il Paese che più di tutti ha beneficiato della flessibilità», ha ripetuto costantemente Jean-Claude Juncker. «Negli ultimi tre anni – ha ricordato più volte – l’Italia ha potuto spendere 30 miliardi grazie alla flessibilità. Siamo stati molto gentili con l’Italia». Nella riunione del 10 ottobre (nella quale erano assenti Federica Mogherini e Pierre Moscovici), Valdis Dombrovskis ha fatto mettere a verbale che «in futuro il ricorso alla flessibilità dovrà essere meno frequente in caso di ripresa economica». Quindi le colpe dei governi precedenti vengono fatte scontare a quelli attuali.

È opinione diffusa a Bruxelles e in altre capitali che i governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni abbiano ricevuto un trattamento particolare. Nell’autunno del 2016 la Commissione decise di non calcare troppo la mano con Roma per non danneggiare l’esecutivo alla vigilia del referendum costituzionale. L’anno successivo, la resa dei conti è stata nuovamente rinviata perché alle porte c’erano le Politiche.

Ecco a cosa si riferiscono i commissari quando riconoscono di aver abusato della flessibilità per «stabilizzare una situazione politica». Anche se, a conti fatti, il sostegno politico di Bruxelles si è rivelato inutile. Sia per il referendum, sia per le Politiche 2018. E pure per quanto riguarda i conti pubblici: tra il 2015 e il 2018 il deficit strutturale non è affatto migliorato, anzi è cresciuto di anno in anno (da 0,5% del Pil a 1,8%), mentre il debito italiano non si è praticamente mosso (da 131,6% a 131,1% in tre anni).

Questo mea culpa della Commissione sulla flessibilità è interessante alla luce di quanto sta succedendo oggi. Il governo Conte ha presentato una manovra fuori dai parametri Ue, con una deviazione «senza precedenti» ed è per questo che la Commissione aprirà una procedura sul debito. Ma il governo risulterà becco e bastonato, perché Bruxelles contesterà all’Italia anche di aver violato la regola del debito nel 2017. Quando al ministero del Tesoro c’era Pier Carlo Padoan.
Il 23 maggio di quest’anno, infatti, la Commissione ha pubblicato il rapporto sul nostro debito. Nel quale scrive: «L’Italia non ha rispettato il parametro per la riduzione del debito né nel 2016 (scostamento del 5,9% del Pil) né nel 2017 (scostamento del 5,1% del Pil)». E allora perché non ha deciso di aprire subito una procedura a maggio? Perché ha riconosciuto alcuni «fattori significativi», tra i quali la «sostanziale conformità con il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine, una volta considerata la tolleranza concessa per gli eventi inconsueti». Tradotto: l’Italia – anche grazie alla flessibilità per migranti e terremoto – ha rispettato le richieste annuali di correzione e ha così evitato la procedura. Oggi, con l’intenzione annunciata dall’attuale governo di non considerare i vincoli Ue, cadono queste attenuanti. Anche se il costo dei migranti e gli interventi per rimediare ai guasti del maltempo sono assimilabili a quelli che hanno giustificato la flessibilità per i governi di sinistra, ma per i governi di destra evidentemente non vale lo stesso ragionamento.

Ragion per cui la Commissione riscriverà il rapporto pubblicato a maggio e constaterà la violazione della regola del debito nel 2017. Spianando la strada alla procedura, che colpisce il governo attuale anche per violazioni del governo Gentiloni.

Non hanno tutti i torti i cosiddetti populisti a invocare una rivoluzione politica con le elezioni del 2019, che spazzi via l’attuale leadership, che ha dimostrato la sua inequivocabile parzialità e soprattutto una clamorosa inefficienza.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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