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Manovra: il problema serio è quota 100 per le pensioni, lo ha detto Juncker a Conte

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ROMA – Man mano vengono fuori le principali preoccupazioni dell?ue nei confronti della sostenibilità della manovra italiana. Si pensava che nel mirino ci fosse il reddito di cittadinanza, invece la borocrazia Ue ritiene più pericolosa la nuova riforma delle pensioni, quota 100. La Commissione europea è preoccupata che un passo indietro radicale nell’età pensionabile potrebbe dar corpo ad un «modello italiano»: l’inizio di un contagio, capace di innescare processi politici in altri Paesi dell’Unione, dove il problema dell’invecchiamento della popolazione e dei suoi costi è persino più grave.

La Stampa, in un documentato articolo a firma Aleassandro Barbera e Fabio Martini, osserva che si ripete lo scenario del 2011 quando, assediato dallo spread e messo all’angolo dalle manovre politiche e finanziarie europee, il Governo Berlusconi, mise in cantiere una riforma che intaccava quelle di anzianità. La Lega di Bossi e Maroni si mise di traverso, e non consentì un intervento che – dissero i leghisti di allora – avrebbe colpito al 65 per cento lavoratori settentrionali. Il governo cadde e, grazie alle scelte di Napolitano, il bastone del comando passò a Mario Monti ed Elsa Fornero.

Per questo i tecnici del tesoro stanno scervellandosi per trovare una soluzione che diminuisca l’onbere ma salvi capra e cavoli. «Spenderemo meno del previsto», fa sapere il sottosegretario leghista Claudio Durigon. In realtà l’obiettivo minimo delle nuove simulazioni è quantomeno di rispettare il budget dei sette miliardi (6,7 il primo anno) finora stimati.

La soluzione passa attraverso la correzione attuariale degli assegni. Di fatto si tratta di non riconoscere per il periodo di uscita anticipata (ovvero fino a un massimo di cinque anni) la rivalutazione della pensione nella parte calcolata con il metodo retributivo, abolito del tutto dalla riforma Fornero. Per essere ancora più chiari: per ogni anno di riposo in più il pensionando rinuncerebbe al tre per cento della pensione, fino a un massimo del dodici. Non è poco, ma molto meno dei numeri forniti dall’Ufficio parlamentare di bilancio che aveva ipotizzato tagli fino al trenta. È ovvio che in caso di uscita anticipata si pagherebbero meno contributi, e la pensione sarebbe più bassa. Nelle nuove stime di Tesoro e Ragioneria – considerate più corrette – si valuta la riduzione a parità di contributi versati, e in questo caso non sarebbe per l’appunto superiore al dodici per cento. Per rendere più digeribile il taglio i tecnici consigliano al governo di rinunciare anche al divieto di cumulo, la cui evidenza empirica non dimostra nessun effetto sostituzione con i più giovani e, anzi, rischia di creare sacche di lavoro nero, non nuovi posti.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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