Firenze: Betori, omelia Natale, «a Betlemme, per Maria e Giuseppe, non mancò almeno l’accoglienza in una stalla»
FIRENZE – «La fede, lungi dall’allontanarci da questo mondo, ci chiama a una più coerente responsabilità in
tutte le sue articolazioni, da quelle familiari a quelle sociali, nella vita economica e politica, attenti ai livelli
intermedi delle aggregazioni sociali, specialmente là dove si esprime il servizio volontario e gratuito agli altri, come pure ai campi sempre più decisivi della cultura e della formazione, partecipi a ciò che accade accanto a noi e alle vicende che segnano la storia del mondo, impegnati nella cura della terra, la nostra casa comune». Lo ha detto l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori durante l’omelia della messa di Natale celebrata oggi in Duomo.
«In tutti questi ambiti la fedeltà alla luce del Verbo invita a ricacciare le tenebre che ci avvolgono – ha aggiunto Betori – e che compromettono il volto della persona umana e il bene comune. Ci soccorre in questo l’esplicita affermazione del prologo giovanneo: La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta (Gv 1,5)». Il cardinale ha aggiunto che «il Natale di Gesù viene a dirci l’amore di Dio per l”umanità, la sua fiducia in noi; viene a ribadire che dalla condivisione di Gesù con noi si può aprire una strada di comunione fra tutti gli uomini, e dal fatto inaudito di un Dio che si fa uomo diventa possibile per gli uomini essere più uomini, perché da lui trasformati nel cuore, fatti figli suoi. Sia questo il nostro Natale, il nostro buon Natale».
Riferendosi all’attualità il Cardinale ha aggiunto: «Dobbiamo pur chiederci perché in un popolo da sempre aperto all’incontro e all”accoglienza sta prevalendo l”istinto a chiudersi nel proprio guscio, a negare ospitalità a chi viene da paesi in guerra, impoveriti dalle rapine dei potenti, stremati dalla fame. C’è una radice profonda all’origine di questa chiusura ed è la cultura individualista che ha pervaso l’Occidente». E inoltre, in tema d’accoglienza: «A Betlemme, per Maria e Giuseppe, se non ci fu posto nell’alloggio, non mancò almeno l’accoglienza in una stalla. Che cosa ci sta accadendo dal momento che, di fronte alle oggettive difficoltà di inserire nella nostra società persone provenienti da mondi e culture diversi, in questi anni non si è ancora riusciti a trovare forme efficaci di risposta che non siano le chiusure dei porti e l’abbandono di fatto all’illegalità, che dà origine, questa sì, a insicurezza e paura? E non ci si dica che questo nulla ha a che fare con il Natale e con la fede»