Porti turistici: resta l’aumento fino al 400% dei canoni demaniali. Allarme fra gli operatori
ROMA – Un articolo pubblicato sul Messaggero Motori il giorno di Natale sottolinea un’omissione particolare del governo gialloverde, che si sarebbe dimenticato d’inserire, fra le centinaia di disposizioni della legge di bilancio, anche una salvaguardia per i porti turistici.
Il rischio era forte e tutti gli operatori della nautica lo sapevano. Ma era forte anche la speranza che all’ultimo momento si riuscisse a porre rimedio a una situazione da tempo denunciata, di cui tutti erano a conoscenza e che, con un po’ di buona volontà, avrebbe potuto trovare una soluzione prima di Natale. Invece niente: la Finanziaria non ha tenuto conto delle istanze avanzate dagli operatori nautici, in particolare dal comparto dei porti turistici, e dunque fortissima è stata la delusione per la mancata risposta del Governo al tema dell’applicazione retroattiva – a contratti già in corso – dell’aumento fino al 400% dei canoni demaniali.
Il contenzioso – come è noto – riguarda l’applicazione retroattiva, a contratti già in corso, dell’aumento fino al 400% dei canoni demaniali fissato dal Governo Prodi nel 2006. In continuità con il passato, si è scelto di rinviare ancora una volta una decisione, necessaria ora più che mai, a evitare il fallimento di Stato delle imprese, che travolgerebbe i 2.200 addetti delle strutture portuali interessate.
In assenza di una specifica norma, a nulla sono valse le sentenze del Consiglio di Stato e quella della Corte Costituzionale, che ha sancito che i canoni demaniali possono sì essere aumentati, ma non retroattivamente, dovendosi distinguere fra i contratti di concessione in corso e quelli stipulati successivamente all’entrata in vigore degli aumenti. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha cominciato recentemente a esigere le somme non dovute e il primo dei 25 porti in contenzioso, quello della Marina di Rimini, si è già visto bloccare i conti correnti.
In una nota diffusa da Ucina, associazione di categoria, viene ricordato che «in Italia le infrastrutture della nautica da diporto sono state costruite interamente con capitali privati e, a conclusione dei contratti di concessione delle superfici libere, saranno gratuitamente devolute al patrimonio pubblico dello Stato. Ciò che sta avvenendo rappresenta dunque una indebita pretesa dello Stato, a ulteriore dimostrazione di una cultura anti impresa che si diffonde nel Paese. Operando in questo modo – sostengono gli operatori della rappresentanza confindustriale degli operatori nautici – il messaggio che arriva forte e chiaro a tutti gli investitori, nazionali ed esteri, è evidente: l’Italia è un Paese dove non ci sono certezze e di cui non ci si può fidare. Il secondo messaggio di questa legge di bilancio, fortemente negativo, è quello per cui, ancora una volta, ottiene ascolto solo chi blocca servizi pubblici essenziali».
Ciò detto, le attività di rappresentanza non subiranno pause. «In questo scenario – si legge a conclusione della nota diffusa dopo il no all’emendamento – Ucina conferma comunque il suo impegno e la prosecuzione dell’azione di rappresentanza e di difesa di tutta la filiera della nautica italiana, per il necessario prosieguo di un confronto con le istituzioni su questo e su altri temi sensibili del settore».