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Sindaci – Salvini, immigrazione: le spiegazioni del Ministero dell’Interno chiariscono molti punti controversi

Nel gran polverone suscitato dalle dichiarazioni di guerra, avventate anche a detta di molti costituzionalisti, di alcuni sindaci di grandi città (Palermo, Napoli e Firenze) che si sono detti, i primi due, decisi a non applicare le norme del Dl Salvini in tema d’immigrazione e sicurezza, è opportuno che qualcuno, al di sopra delle parti, metta chiarezza su alcuni temi e sulle posizioni adottate da personaggi politici, che sembra non abbiano approfondito molto bene la tematica di cui parlano. Anche il ministro Salvini, rispondendo d’impeto alla polemica politica sollevata da Orlando, De Magistris e Nardella, avrebbe fatto meglio (ma, conoscendo il suo carattere, si tratta di ipotesi irreale) a far rispondere ai sindaci dagli uffici del Ministero dell’Interno, riportando così la questione a livello istituzionale e allentando la polemica, montata anche troppo.

Questo qualcuno non è il sottoscritto, non sono così presuntuoso, ma è proprio il Ministero dell’Interno, inteso come struttura amministrativa, che emana circolari e, ultimamente, anche Faq esplicative della normativa in materia di sicurezza e immigrazione. Fornendo così l’interpretazione autentica delle norme in questione. Mi sono messo dunque a esaminare con pazienza certosina le disposizioni pubblicate sul sito del Ministero dell’interno, e precisamente le circolari n. 83744 del 18 dicembre 2018 del Gabinetto del Ministro, n. 15 del 18 0ttobre 2018 della Direzione Centrale per i Servizi Demografici (in tema di residenza), e le Faq pubblicate sul sito del Ministero dell’Interno, aggiornate al 3 gennaio 2019, in tema di immigrazione e sicurezza. Ecco le indicazioni principali che risultano in merito ai principali problemi sollevati, dalle quali sindaci e ministro possono trarre utili indicazioni prima di parlare a ruota libera:

1) È vero che, a seguito delle nuove norme, non potranno più essere iscritti all’anagrafe della popolazione residente gli stranieri che necessitano di protezione internazionale?
Assolutamente no. Tutti coloro ai quali è riconosciuto lo status di protezione internazionale ovvero gli stranieri che, rientrando in speciali categorie, necessitano di specifica tutela, possono accedere al SIPROIMI, beneficiano delle misure di integrazione e, naturalmente, possono essere iscritti all’anagrafe della popolazione residente, analogamente a quanto avviene per gli stranieri regolarmente soggiornanti non richiedenti asilo (questi ultimi, attualmente sono solo 98.000 a fronte di circa 4 milioni e mezzo di stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dalla richiesta di asilo).
Chi ha già ricevuto un permesso umanitario in base alla previgente normativa continua a rimanere legittimamente nel territorio e rimane iscritto all’anagrafe fino alla scadenza del titolo ovvero anche successivamente, potendo convertire quest’ultimo in permesso di lavoro o per ricongiungimento familiare o, comunque, ottenere uno dei permessi speciali,sussistendone le condizioni. (Questa spiegazione integra e interpreta, a mio avviso, quanto disposto con Circolare n.15 del 18 ottobre 2018 del Ministero dell’Interno, secondo la quale «dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni il permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale di cui all’art. 4, comma 1 del citato d.lgs n. 142/2015, non potrà consentire l’iscrizione anagrafica»).

2)E allora, che cosa cambia in materia di iscrizione anagrafica?
Si premette che l’obiettivo generale dell’insieme delle disposizioni introdotte è quello di riportare a una gestione ordinaria il “sistema asilo” nazionale, attraverso il progressivo azzeramento delle istanze pendenti e la contrazione dei tempi di esame delle richieste di asilo.
Durante la fase tecnica di esame dell’istanza, al richiedente asilo-pur non essendo più iscritto all’anagrafe della popolazione residente in base alle nuove norme-continuano a essere assicurati gli stessi servizi di accoglienza e di assistenza, le cure mediche e i servizi scolastici per i minori.
Si tratta,in concreto,di circa 98.000 richiedenti asilo–numero che si conta di assorbire entro l’anno grazie alla notevole riduzione dei flussi di ingresso incontrollato e alle iniziative di velocizzazione delle procedure di riconoscimento– a fronte dei circa 4 milioni e mezzo di stranieri regolarmente residenti ad altro titolo, che possono essere iscritti all’anagrafe. Al termine dell’iter procedurale connesso all’istanza di asilo e a seguito del riconoscimento di una forma di protezione, lo straniero potrà essere regolarmente iscritto all’anagrafe, avendo una prospettiva stabile di presenza sul territorio.

3)Perché queste modifiche in tema di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo?
Già più volte in passato, anche per il tramite delle proprie associazioni rappresentative, svariati Comuni-specie quelli di piccole dimensioni che si sono trovati a ospitare per lunghi periodi centri di accoglienza di grandi dimensioni-avevano posto la questione connessa all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo.
L’eccessivo numero di richiedenti asilo in strutture di accoglienza ubicate in piccoli centri-e il turn over che ne è derivato nelle relative presenze- ha, infatti, spesso determinato un sovraccarico di lavoro per gli uffici anagrafe dei Comuni interessati, specie di quelli con poche unità di personale in servizio rispetto alle effettive necessità operative.

Alle esigenze di semplificazione già prospettate, si aggiunge ora una considerazione di centrale rilevanza, ossia la progressiva accelerazione delle procedure di esame delle istanze di asilo conseguente ai nuovi istituti introdotti, che consentirà una effettiva contrazione della fase “transitoria” in cui si trova lo straniero richiedente.
Peraltro, come già detto sopra, i richiedenti asilo continueranno a beneficiare degli stessi servizi di accoglienza e di assistenza, delle cure mediche e dei servizi scolastici per i minori, indipendentemente dall’inscrizione anagrafica e sulla base del domicilio individuato.

4)È fondato il timore che la nuova legge determinerà un allontanamento dal sistema di accoglienza dei titolari di permesso umanitario, che si troveranno senza dimora?
Le nuove norme non hanno apportato modifiche in ordine alla possibilità di permanenza nel sistema della prima accoglienza (CARA, CAS, ecc.) dei titolari di permesso umanitario.
Infatti, già prima gli immigrati lasciavano la struttura all’atto della consegna materiale del permesso di soggiorno per motivi umanitari, avviando un autonomo percorso di inserimento socio-lavorativo.
Le uniche novità, come detto in precedenza, riguardano–per l’avvenire– la sola possibilità per gli “umanitari” di accedere ai percorsi integrativi del SIPROIMI, peraltro già prima limitati, comunque, ai posti disponibili, che ora viene riservata ai titolari di protezione internazionale nonché agli stranieri in possesso di permessi speciali.
Ovviamente, coloro che hanno proposto un ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego di riconoscimento dello status di protezione internazionale continueranno, come per il passato, a permanere in accoglienza fino alla decisione definitiva.

5)Cambia qualcosa in materia di cittadinanza?
La concessione della cittadinanza italiana si fonda sul possesso di determinati requisiti, tra cui quelli relativi alla condotta dello straniero e alla valutazione del suo grado di integrazione nel tessuto sociale e di condivisione dei valori dello Stato.
In quest’ottica è oggi prevista la revoca della cittadinanza concessa per naturalizzazione, per matrimonio o al raggiungimento della maggiore età per il minore straniero nato in Italia, nei confronti di chi, successivamente all’acquisizione dello status, è stato condannato con sentenza definitiva per gravi delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale che mettono a rischio la sicurezza della Repubblica.

Se ministro e sindaci avessero fatto riferimento a questi dati (i sindaci probabilmente non li hanno letti tutti) e avessero lasciato l’onere e l’onore di dipanare la matassa a uffici ministeriali, prefetti e uffici comunali, forse non si sarebbe giunti alle polemiche, francamente eccessive e fuori luogo, registrate in questi giorni.

Da queste disposizioni infatti emerge chiaramente la tesi del Ministero (non quella personale del Ministro) dell’Interno: in attesa delle decisioni delle competenti Commissioni per il riconoscimento dello status di protezione internazionale, gli interessati che hanno fatto richiesta continuano comunque a godere di tutti i diritti connessi, senza alcuna modifica rispetto alla legislazione precedente. E’ in arrivo una nuova circolare ai prefetti per invitarli ad effettuare ispezioni negli uffici anagrafe dei comuni per assicurare il rispetto delle citate disposizioni, ma ovviamente la circolare non potrà influire sul contenuto di quanto sopra indicato.

Comunque sarà opportuno un chiarimento, quello che ha chiesto l’Anci e ha promesso il premier Conte, non è possibile perpetuare una simile guerra, sia pure mediatica e sui social, fra le principali istituzioni del Paese. Ne va della credibilità e della dignità delle istituzioni e degli stessi interessati.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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