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Fiorentina: morto Egisto Pandolfini. Costruì la squadra dello scudetto 1968-69

Egisto Pandolfini Scomparso A Quasi 93 Anni
Egisto Pandolfini, ex calciatore e soprattutto scopritore di talenti. Se n’è andato a quasi 93 anni

FIRENZE – Si fermeranno per un minuto di raccoglimento molto sentito, Fiorentina e Roma, nei quarti di finale di Coppa Italia. E’ morto, a quasi 93 anni, Egisto Pandolfini. La Fiorentina ha chiesto di giocare con il lutto al braccio. Pandolfini era nato a Lastra a Signa il 17 febbraio del 1926, lo stesso anno della Fiorentina. Ex giocatore giallorosso e dell’Inter, ma soprattutto un mito della Fiorentina. Non solo per aver giocato in maglia viola ed aver partecipato ai mondiali del ’50, in Brasile, con l’Italia, ma anche perchè fu lui, a metà degli anni ’60, a costruire la Fiorentina yè-yè, ossia quella squadra che, con Esposito, Merlo, Chiarugi, Superchi, Ferrante, Brizi (per citare i giocatori cresciuti nel vivaio) vinse lo scudetto del 1968-69.

Bella la sua carriera di calciatore, cominciata nella Fiorentina (oltre 150 presenze e 40 gol) con parentesi a Empoli e Spal, quindi
quattro stagioni alla Roma dal ”52 al ”56 (120 presenze e 30 gol), poi due anni all’Inter. Pandolfini, come detto, ha vestito anche la
maglia della Nazionale 21 volte con 9 reti fra cui quella ai Mondiali in Brasile. Ma una volta attaccate le scarpette al chiodo, Egisto, il sor Egisto come lo chiamavano tutti a Firenze, cominciò la sua splendida attività di dirigente e soprattutto di scopritore di giovani talenti.

La squadra del secondo scudetto, come già accennato, prese corpo grazie alle sue intuizioni nella cura di quel settore giovanile che, ai suoi tempi, era un magnifico fiore all’occhiello per la Fiorentina. Pandilfini e gli allenatori del periodo, da Cinzio Scagliotti che si occupava dei più piccoli, fino ad Andrea Bassi, che guidò anche la prima squadra in tandem con Luigi Ferrero. Pandolfini, dietro le quinte, valutava i rapporti degli osservatori e faceva firmare i cartellini. Fu sempre lui, nel 1972, a portare alla Fiorentina il diciottenne Giancarlo Antognoni. Così come Moreno Roggi, Vincenzo Guerini, Claudio Desolati, Domenico Caso, Andrea Orlandini. Eppoi Giovanni Galli e tanti altri campioni sbocciati in viola. Fino a Gabriel Omar Batistuta. Due anni fa, i suoi ragazzi per iniziativa di Roggi e Antognoni, lo festeggiarono nella trattoria Sanesi di Lastra a Signa in occasione del novantesimo compleanno.

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Anch’io, nel mio piccolo, sono stato una scoperta, giornalisticamente parlando, di Egisto Pandolfini. Lo conobbi quando avevo poco più di 17 anni e seguivo, per La Nazione, anche il settore giovanile della Fiorentina. Egisto era paziente: rispondeva sempre alle mie domande e m’insegnava. Mi fece capire come si riconosceva un campione da uno che era semplicemente un buon calciatore. La palpitazione forte fu con Antognoni: lo vedemmo insieme, a Coverciano, convocato da Azeglio Vicini per la nazionale juniores. Era umbro ma giocava nell’Astimacobi. Pandolfini prese contatto con il presidente astigiano (si chiamava Cavallo) e acquistò Antognoni in comproprietà. Il problema? Dopo un anno di serie A il valore del cartellino era schizzato, mi pare, a 800 milioni. Il presidente dell’epoca, Ugolino Ugolini, era perplesso al momento di riscattarlo. Egisto disse che, se necessario, avrebbe venduto anche la sua tenuta di Lastra a Signa per contribuire all’affare. Naturalmente non fu necessario. Altro ricordo: avete presente la famosa sforbiciata di Carletto Parola in un Fiorentina-Juventus? Accanto al bianconero che si libra in aria c’era lui, Egisto Pandolfini. Mi raccontò: «Ebbi paura di prendere un calcione in faccia». Ma quella foto ha fatto il giro del mondo ed è diventata un’icona del calcio. Ripeto: Egisto parlava poco di sè come calciatore. Sulla spedizione ai mondiali del ’50 diceva: «Andammo in nave perchè c’era stata la sciagura di Superga, dove morirono i giocatori del Grande Torino. Durante la traversata ci allenammo poco. I palloni finirono tutti in mare». In Brasile fece anche un gol. Ma s’illuminava parlando delle sue scoperte, dei suoi ragazzi. Di loro sì era orgoglioso. Grazie caro Egisto: per quello che hai dato e per quanto hai insegnato.

Sandro Bennucci

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