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Torino: inchiesta contro gli anarchici, chiesti 204 anni di reclusione per 22 imputati

Tribunale 1

La Procura di Torino, gestione Spataro, è stata all’avanguardia nelle denunce contro il ministro Salvini e nella difesa dei migranti, ma continua ad essere impegnatissima anche nella lotta contro le illegalità dei No tav e dei centri sociali, nonostante alcune discutibili pronunce adottate, negli anni, dai giudici subalpini, con l’occhio benevolo verso i protestatari di estrema sinistra, che da anni occupano edifici, devastano Torino e si scontrano duramente con le Forze dell’ordine. Negli anni 2008 – 2010 minacciavano anche il prefetto e la moglie, ma adesso quel tempo è passato.

Ma non demordono e organizzano cortei di protesta per lo sgombero dell’asilo okkupato di Via Alessandria, inscenano siparietti violenti contro la sindaca Appendino, mentre la procura di Torino, che da tempo, fin da quando ero prefetto in quella città, aveva messo in piedi un’inchiesta sull’anarchia, arrivata fino al maxiprocesso, sembra voler usare la mano pesante contro coloro che sembrano aver scelto la lotta armata.

Con 22 richieste di condanna per un totale di oltre 204 anni di reclusione il pubblico ministero Roberto Sparagna ha terminato in Corte di Assise la sua requisitoria nel maxiprocesso,chiamato Scripta Manent, contro le cellule della Fai-Fri, laFederazione anarchica Informale che dal 2003 al 2016 ha firmato una interminabile catena di attentati con plichi esplosivi e ordigni.

Per Alfredo Cospito, già condannato in via definitivaper avere gambizzato a Genova nel 2012 Roberto Adinolfi,amministratore delegato dell”Ansaldo, il pm ha invocato 30 anni di carcere. Per Anna Beniamino, sua ex convivente, definita una delle menti delle Fai-Fri, ne ha chiesti ventinove. Le altre proposte spaziano dai 10 anni ai 6 anni e 6 mesi, con una sola assoluzione.

Dal 2003, quando si sono formate attraverso l’unione di diverse cellule già operative, le Fai-Fri hanno colpito più volte: le carte processuali elencano l’invio dipacchi bomba nel 2005 a Sergio Cofferati, all’epoca sindaco diBologna, e nel 2006 a Sergio Chiamparino, sindaco di Torino; poi alla questure di Lecce, a una sede della Polizia Municipale di Torino, al Cie di Modena. Quindi gli attentati con il posizionamento di ordigni esplosivi dotati di sistemi di attivazione temporizzati davanti alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano e nel quartiere più chic di Torino, la Crocetta. Iniziative studiate con cura per «uccidere il maggior numeropossibile di membri delle forze dell’ordine».

Per tutto il processo il pm ha insistito sulle differenze che esistono all’interno della galassia anarchica: tante anime,tante correnti, tanti circoli che perseguono obiettivi differenti e spesso sono in disaccordo tra loro. «Distinguereper non confondere» è stato il mantra che ha scandito la requisitoria del magistrato. «Le Fai-Fri sono diverse dagli altri gruppi e, per esempio, non possono essere accostate alla Federazione anarchica italiana, che da loro ha sempre preso nettamente le distanze. Le Fai-Fri sono un’organizzazione terroristica e lottarmatista. Che nel 2011 ha creato un vero e proprio fronte internazionale dell’eversione collegando in una sola rete cellule operative in numerosi Stati stranieri, come la Grecia, il Messico, il Cile, l’Inghilterra».

Le rivendicazioni di azione dirette in Italia e all’estero comparse su uno dei siti internet di riferimento del gruppo sono almeno 313. Una struttura che, fra l’altro, non mancava di fare proseliti in altri ambienti. Le carte processuali, sempre secondo il pm, raccontano la storia di un giovane anarchico frequentatore aTorino del centro sociale l’Asilo occupato (sgomberato lo scorso febbraio) e simpatizzante del Movimento No Tav che si era accostato alle Fai-Fri perché deluso da esperienze checonsiderava inconcludenti: «Alle manifestazioni in valle di Susa- diceva – si partecipa con lo stesso spirito con cui alladomenica si va allo stadio. Manca lo scontro». Nello spirito che infiammò la battaglia di venaus nel 2005 e i tanti scontri che, fra il 2009 e il 2010, infiammarono la val di Susa, con arresti e feriti, in occasione dei sondaggi necessari per il progetto della linea AV.

La difesa è agguerrita e promette battaglia su tutta la linea. Si sostiene che per la stragrande maggioranza degli imputati non sono stati tracciati collegamenti diretti con le bombe e i plichi esplosivi. La dimostrazione del loro coinvolgimento starebbe solo negli articoli e nei post che pubblicavano su internet. Già in passato si è assistito allo stesso poco edificante copione, le Forze dell’ordine e le procure che raccolgono prove imponenti contro gli anarchici e i giudici che benevolmente usano la mano leggera nei loro confronti. Ma speriamo che oggi si racconti un’altra storia e la conclusione sia radicalmente diversa.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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