L’ordinanza del sindaco che regola l’accoglienza dei migranti non è atto discriminatorio
È partita da Palazzago, comune di nemmeno 5.000 abitanti in Lombardia, una battaglia di legalità per regolare l’accoglienza dei migranti da parte di privati e cooperative. Nell’agosto del 2017, il sindaco Michele Jacobelli aveva emanato un’ordinanza che imponeva ai privati e alle coop intenzionati a farsi carico dell’assistenza di richiedenti asilo di informarne prima il Comune, pena una sanzione. Nel caso di Palazzago si trattava di 15.000 euro di multa per le coop che non avessero fornito la documentazione richiesta. Dovevano comunicare al Comune quanti immigrati sarebbero stati presi in carico, dove e quando. In più, ogni 15 giorni, le varie associazioni umanitarie avrebbero dovuto presentare un report con dati dettagliati sugli ospiti e le loro condizioni di salute.
Contro analoghi provvedimenti di alcuni sindaci hanno fatto ricorso le coop e privati interessati. Due anni dopo il tribunale di Bergamo ha dato ragione ai sindaci e respinto le pretese dei ricorrenti, che lamentavano che la disposizione era discriminatoria nei confronti dei migranti.
Il tribunale ha affermato, nel caso del comune di Palazzago: «La lettura ancorché complessiva dell’ordinanza su riportata non riesce, a parere di chi scrive, in alcun modo a concretare un comportamento o un ordine che possa dirsi discriminatorio». Secondo l’Asgi e le coop ricorrenti, invece, il fatto di dover comunicare le condizioni di salute dei migranti sarebbe stato un comportamento razzista. Ma il tribunale spiega: «In alcuna parte dell’ordinanza viene percepita l’idea suggerita dalle ricorrenti del rifugiato come pericoloso o malato, piuttosto si indica che il fenomeno incontrollato dell’insediamento di masse imponenti di persone è foriero di disordine pubblico e causa di problematiche anche di tipo sanitario, ciò divergendo profondamente dall’idea che i rifugiati, in quanto tali, siano persone moleste».
Né Palazzago né gli altri Comuni hanno dunque discriminato. Addirittura, parlando del Comune di Pontida, il giudice spiega: «Non vi è in alcuna parte dell’ordinanza una condotta anche solo in grado di rappresentare una molestia, uno svantaggio o comunque un pregiudizio che, a seguito di tale ordinanza possa essere riconducibile alla categoria degli stranieri richiedenti asilo richiedendo, come appena sopra riportato, ai proprietari degli immobili da utilizzare per i rifugiati o per gli immigrati che i beni indicati siano a norma e quindi agibili, così come peraltro richiesto nel 2015 anche nei confronti di tutti gli altri cittadini».
La decisione del tribunale di Bergamo chiarisce una volta per tutte che regolare l’immigrazione e fissare paletti chiari e legittimi giova non solo agli italiani ma pure agli stranieri. Ma ci saranno altre pronunce discordi, considerate le tendenze non univoche dei nostri giudici, che prevalentemente sembrano invece favorevoli agli immigrati, pur di andare contro il governo gialloverde e il ministro Salvini.