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Taglio pensioni d’oro e perequazione: partono valanghe di ricorsi. Per difendersi lo Stato spenderà più di quanto incassa (140 milioni)

Euro

«Siamo sommersi da telefonate di pensionati preoccupati che ci chiedono spiegazioni: l’annuncio della partenza del taglio delle cosiddette pensioni d’oro porterà una valanga di ricorsi». Lo dice ad Adnkronos/Labitalia, Mario Mantovani, presidente della Cida, dopo l’annuncio ufficiale da parte dell’Inps che da giugno prende il via iltaglio delle ‘pensioni d’oro’ previsto dalla Legge di Bilancio.

La Circolare n. 72 del 7 maggio dell’Istituto di Previdenza, pubblicata sul sito, ricorda come «a decorrere dal 10 gennaio 2019 e per la durata di 5 anni i trattamenti pensionistici diretti complessivamente eccedenti l’importo di 100.000 euro lordi su base annua sono ridotti di un’aliquota percentuale in proporzione agli importi dei trattamenti pensionistici».

Un provvedimento che trova in totale disaccordo la Cida, Confederazione nazionale dei quadri, dirigenti e alte professionalità che riunisce le federazioni rappresentative dei vari settori. «Innanzitutto -spiega Mantovani- da un punto di vista degli effetti sulle finanza pubbliche, si tratta di un provvedimento inutile: i pensionati colpiti sono in realtà molto pochi, circa 35.000, pari allo 0,22% dei pensionati totali. Dunque, dal taglio delle pensioni d’oro il ricavo lordo per lo Stato, ottenuto moltiplicando le stime del numero di pensionati per la media delle classi di importo annuo lordo della pensione, è modesto, soprattutto se si considera che si tratta, appunto, di pensioni lorde. Al netto, il ricavo per le finanze pubbliche si riduce a poco più di 120 milioni l’anno che, con molta probabilità, produrranno costi ben maggiori per lo Stato a seguito dei numerosi ricorsi».

Dunque, riassume Mantovani: «Taglio pesante per gli interessati, inutile per il bilancio pubblico». Secondo i calcoli elaborati da Cida, infatti, un pensionato che riceve una pensione annua lorda di 130.000 euro, sui 30.000 eccedenti il massimale dei 100.000 euro, si troverà un taglio del 15%, ossia 4.500 euro lordi. Con una pensione di 350.000 euro dovrà invece contribuire per 67.000 euro, somma delle aliquote applicate sui tre scaglioni che compongono la sua pensione lorda; con una pensione pari a 700.000 euro, la riduzione sarà pari a 199.500. Quello che, secondo il presidente Cida, sta facendo il governo è piuttosto operare per avere un effetto mediatico: tagliare le pensioni più alte (non d’oro) adesso è come dire ‘stiamo lavorando contro le ingiustizie’ e guarda caso la misura parte proprio poco prima delle elezioni europee, con un timing perfetto.

«Ma è proprio un messaggio sbagliato perché -spiega Mantovani- quelle pensioni sopra i 100.000 euro sono in gran parte frutto di contributi regolarmente versati e sono state erogate in virtù di regole in vigore, di un impegno che lo Stato si è assunto nei confronti dei contribuenti. E che ora non rispetta. Il fatto che in Italia si facciano regole, leggi e poi non si mantengano non giova per niente alla reputazione del nostro Paese: è un fatto che genera sfiducia nei cittadini, nelle aziende, negli investitori internazionali. In una parola ci rende unPaese meno credibile».

Cida come già avvenuto con altri provvedimenti tentati sulle pensioni alte, è pronta a partire coi ricorsi. Ma anche molte altre categorie, non solo i dirigenti d’azienda lo faranno, e i loro ricorsi che seguiranno la strada dei Tribunali ordinari o delle sezioni della Corte dei Conti. Dopodichè sequalche magistrato ravviserà nella norma un qualche profilo di incostituzionalità, sarà chiesto un parere alla Corte Costituzionale. «Sappiamo che i tempi non saranno brevi, ma non possiamo transigere suquestioni di principio così rilevanti», conclude il presidente di Cida, e noi siamo perfettamente d’accordo con lui.

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