
Immigrati: la porta d’ingresso diventa Trieste, via terra. Ridotti arrivi dal Mediterraneo e Lampedusa

La via dei Balcani è sempre più frequentata, dopo che all’inizio del 2016 l’accordo tra l’Ue e la Turchia chiuse, dietro compenso in euro, la rotta balcanica attraverso la quale 754 mila rifugiati si erano incamminati verso l’Europa occidentale. Ma ora si sono aperti varchi che dalla Grecia arrivano all’Albania e poi al Montenegro e alla Bosnia Erzegovina e alla Croazia verso il confine italiano. Secondo Dijana Muzicka, coordinatrice dell’emergenza della Caritas in Bosnia il numero dei migranti entrati nel paese è aumentato negli ultimi 12 mesi del 600%.
Perfino l’ex presidente della Regione Friuli e ora deputata Pd, la renziana Debora Serracchimii, ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per sapere «se sono in corso rapporti diplomatici con le autorità croate al fine di approfondire le modalità di contenimento umanitario dei flussi provenienti dal Sud dei Balcani» e per chiedere come mai «il ministero degli Interni renda noti solo i numeri degli sbarchi e non degli arrivi via terra»
I varchi che dalla Grecia arrivano all’Albania e poi al Montenegro e alla Bosnia-Erzegovina e alla Croazia verso il confine italiano, favoriscono l’arrivo di migranti che poi intendono, in buona parte, proseguire verso la Germania e il Nord Europa.
L’europarlamentare di FdI, Remo Sernagiotto riprende un’affermazione del Capo della polizia: «Il pericolo di far entrare jihadisti in fuga dopo la sconfitta dell’Isis è altissimo. Si valuti anche una collaborazione tra eserciti sui confini sloveni e croati».
Secondo Dijana Muzicka «ogni settimana la polizia respinge alla frontiera circa 200 persone ma è una goccia nel mare». La Regione Friuli (il governatore è il leghista Massimiliano Fedriga) è in allerta ma va cauta a parlare di emergenza, in linea col prefetto di Trieste, Valerio Valenti, che dice: «A Trieste i numeri sono in incremento sia per quanto riguarda le persone intercettate sia le richieste d’asilo. A marzo di quest’anno abbiamo già raggiunto i numeri riscontrati a maggio 2018 ma non c’è un’emergenza».
Proprio nei giorni scorsi il governo sloveno ha denunciato che nell’ultimo periodo gli ingressi irregolari nel proprio territorio sono almeno raddoppiati, che ha respinto 1500 migranti provenienti dalla Croazia via Bosnia, che le risultano vi siano 5 mila persone già a buon punto del cammino lungo la rotta dei Balcani. E gli stessi numeri ufficiali degli immigrati ospitati nei centri profughi friulani (si tratta dei richiedenti asilo regolari, sfuggono gli altri) indicano una situazione pesante: 1.259 migranti ospitati a Trieste (200 mila abitanti), 1.486 a Udine (99 mila abitanti), 793 a Pordenone (51 mila abitanti) e 466 a Gorizia (34 mila abitanti).
Secondo alcune Ong un viaggio lungo la rotta dei Balcani costa circa 10 mila dollari e anche per far fronte a questo costo c’è chi, per pagare il debito, rimane legato alle organizzazioni criminali che gestiscono questi viaggi della speranza via terra. Dopo essere giunti al termine del loro viaggio pagano il dovuto attraverso il racket dell’elemosina, la prostituzione, il lavoro nero. Altrimenti i trafficanti minacciano ritorsioni verso le famiglie dei migranti nei loro Paesi di origine. Annota un dossier della Caritas: «La rotta dei Balcani occidentali comincia con lo sbarco nelle isole greche con imbarcazioni di fortuna partite dalle coste della Turchia. I migranti si muovono poi verso il confine settentrionale della Grecia con la Macedonia. Da qui, sui treni, gli autobus o a bordo dei camion, i migranti raggiungono la Serbia, per poi continuare verso l’Europa di Schengen».
L’Italia non è certo favorita geograficamente; si trova al centro delle rotte marittime e terrestri dei flusi di diserati che fuggono dall’Africa, ed è sostanzialmente la porta d’ingresso verso i ricchi e ambiti Paesi del Centro e Nnord Europa, Germania in testa.
