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Acque agitate nel Pd, finita la tregua Renzi si prepara alla resa dei conti con Zingaretti

Dopo la tregua elettorale Renzi torna a tuonare contro Zingaretti, convoca i suoi Comitati per il 12 giugno a Milano e lancia la decima edizione della Leopolda dal 18 al 20 ottobre come «un’edizione speciale per tantissimi motivi».

Insomma, una chiamata alle armi, cheforse potrebbe prefigurare la formazione di una sua forza politica autonoma (anche se il rottamatore non lo dice espressamente), che potrebbe essere creata in accordo o in concorrenza con quella che ha in animo di costruire Carlo Calenda come costola dei Dem. E constata: «Salvini ha vinto le europee ma non ha preso il 41% che prendemmo nei 2014. Il Pd ha vinto le amministrative e Di Maio ha perso tutto, ma scommetto che resterà attaccato alla poltrona».

Renzi sottolinea che nel M5S monta un’aria minacciosa nei confronti di Di Maio, lo dimostrano uscite tipo quelle di un fedelissimo come Paragone. Che possono far presagire una resa dei conti. E stoppa nuovamente qualsiasi ritorno di fiamma verso i grillini, attribuendosi in un certo senso il merito del loro flop. «Oggi la tattica del pop-corn dona una nuova chance al Pd e mostra l’insussistenza del M5s. Se si sta sgonfiando lo dobbiamo a tanti di noi che un anno fa hanno detto no all’accordo. Non ci dicano grazie ma non ci provino più, perchè vecchi e nuovi notabili lo rifarebbero».

Ma occorre cautela. I renziani ritengono che, se si votasse a settembre, i parlamentari fedeli all’ex segretario verrebbero falcidiati dalle liste Pd e lui sarebbe uno dei pochi a salvarsi con il suo collegio blindato a Firenze. Discorso diverso se invece si votasse tra un anno: a quel punto ci sarebbe anche tempo per costruire una formazione di centro moderato da far alleare col Pd. Partito sul cui futuro Renzi si professa «straordinariamente ottimista» e manda un avviso al suo successore Zingaretti. Reo di aver liquidato l’argomento che il Pd ha preso meno consensi del 2018 «come le comiche finali di una stagione politica superata».

In diretta Facebook, Renzi lancia strali alla vecchia guardia (D’Alema – Bersani – Prodi) dichiarando che «non c’è niente da festeggiare, siamo arrivati secondi come nel 2018 e abbiamo perso 120 mila voti. Poi certo il Pd ha guadagnato 4 punti percentuali, ma è normale, perché hanno votato Pd i D’Alema, i Bersani, Prodi che aveva votato nel 2018 un altro partito. È stato importante aver fatto tutti una campagna senza polemiche. Ma se avessimo avuto noi la stessa lealtà anche in passato avremmo ottenuto risultati migliori. Certo è un inizio, sarebbe assurdo dire che è una grande vittoria, ma è un piccolo passo avanti di cui siamo contenti».

E dunque si preannuncia incandescente la Direzione convocata da Gentiloni domani pomeriggio, dove potrebbe riandare in scena lo scontro, la resa dei conti sempre rinviata finora tra maggioranza e renziani. Infrangendo, forse troppo presto (ancora ci sono i ballottaggi nei comuni), la tregua che ha portato alla prova di unitarietà data finora, limitando al massimo gli effetti del «fuoco amico» di cui Renzi si è sempre lamentato nella sua esperienza di premier e di segretario Pd.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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