M5S: Di Maio chiede la fiducia alla piattaforma Rousseau. La sconfitta? Colpa dei comunicatori
ROMA – Luigi Di Maio chiede il giudizio della piattaforma Rousseau sul suo operato. Ossia si appella alla base del movimento. Qualcuno osserva: chi garantirà della trasparenza di questo voto? Ma intanto il capo politico si salva e sul banco degli imputati finiscono gli addetti alla comunicazione: che per protesta (giustamente) si allontanano dalla sala della riunione. Il dubbio? Che nessuno di quelli che contano, nel Movimento 5 stelle, voglia fare autocritica. Lo sapevano tutti, anche dall’esterno, che il voto di domenica 26 maggio non sarebbe andato bene per via delle scelte integraliste, e spesso giustizialiste, della dirigenza. Ma ora cascano tutti dalle nuvole. O fanno finta.
E sono presenti tutti i big alla presunta resa dei conti del Movimento,compresi incluso Roberto Fico e Alessandro Di Battista. Segno di un’assemblea se non decisiva, almeno fondamentale per il proseguo del Movimento di governo. Anche perché Di Maio, prendendo la parola, scandisce la domanda chiave ai suoi parlamentari: «Volete ancora sostenere questo governo? Conte vuole saperlo, »è la domanda che il vicepremier pone all’assemblea. Domanda sulla quale, invero, non c’è alcun voto e che prevede, almeno al momento, una automatica risposta positiva. Con una strategia che i vertici avrebbero in mente in queste ore: lasciare davvero il pallino dei provvedimenti a Matteo Salvini a partire da quelli più complicati, come la flat tax.
«Ci faccia vedere le carte, non ci opporremo», è il senso della strategia che metterà in campo Di Maio. Sul piano interno, invece, l’assemblea, da sfogatoio contro i dimaiani si trasforma in una sorta di seduta di autocoscienza, con i big decisi a blindare Di Maio. Luigi, scusa se non ti ho aiutato abbastanza, si spinge a dire Di Battista che da il suo placet ad una riorganizzazione più movimentista dei Cinque stelle, sulla scia di quanto spiegato da Di Maio. Contrarietà alla votazione di oggi, 30 maggio, su Di Maio sarebbe stata espressa dal presidente della Camera, Roberto Fico, in occasione dell’assemblea M5s alla Camera. «È da vecchia politica mettere in discussione il capo politico dopo una sconfitta. Almeno abbiamo un vertice, il problema è che mancano gli altri», aggiunge Fico.
Oggi il voto degli iscritti –Due endorsement di peso, come quelli di Beppe Grillo e Davide Casaleggio e una mossa a sorpresa, ideata e messa in campo per sminare l’assemblea congiunta dei parlamentari del Movimento che rischiava di trasformarsi in un processo senza possibilità di appello al vicepremier, ministro due volte e capo politico del M5s. Luigi Di Maio rompe gli indugi e annuncia che rimette il suo mandato di capo politico al giudizio degli iscritti. «Non sono mai scappato dai miei doveri e se c’è qualcosa da cambiare lo faremo – afferma, mettendo al voto su Rousseau il ruolo di capo politico – Perché è giusto che siate voi ad esprimervi. Gli unici a cui devo rendere conto del mio operato». Insomma, chi è nominato dalla Rete solo da quella, e non dai parlamentari, può essere riconfermato o meno. I,l Movimento non sono gli eletti si affrettano a mettere in chiaro i vertici pentastellati, visibilmente irritati dal comportamento di alcuni parlamentari che si sono fatti nominare ed ora attaccano chi li ha portati fino a qui. Come Gianluigi Paragone, fino a lunedì nell’inner circle dei fedelissimi, tanto da figurare tra i pochi chiamati al quartier generale improvvisato al Mise, per ragionare con Di Maio su come affrontare la debacle elettorale.