Anche se non parte la procedura d’infrazione UE, la manovra 2020 sarà di 40 miliardi
Un conto che stando alle intenzioni enunciate dai protagonisti politici, ma anche ai numeri messi in fila nei documenti ufficiali, ammonta a già a circa 40 miliardi. Mentre il governo è ancora impegnato nella trattativa per evitare l’avvio da quest’anno della procedura per debito, è questa la stima della manovra per il 2020 che dovrà essere concepita e poi attuata tra la fine di settembre e la metà del mese successivo. Tra il 15 e il 20 ottobre infatti il testo della prossima legge di Bilancio dovrà essere inviato alla commissione europea nella sua versione schematica e poi presentato in Parlamento come articolato completo. Mentre Salvini insiste per anticipare la manovra in estate.
L’obiettivo fissato nel Documento di economia e finanza approvato ad aprile è un rapporto deficit/Pil al 2,1 per cento. La prima esigenza, ribadita almeno a parole da tutti, è quella di non far scattare le clausole di salvaguardia – per ora confermate nelle tabelle del Def – che porterebbero il prossimo anno l’aliquota ordinaria dell’Iva dal 22 al 25,2 per cento e quella agevolata dal 10 al 13.
Il gettito da rimpiazzare vale 23,1 miliardi, ai quali si aggiungerebbero circa 400 milioni di maggiori accise sui carburanti. Poi ci sono le cosiddette politiche invariate: ovvero quegli impegni che il ministero dell’Economia non indica nel quadro programmatico di dettaglio perché formalmente non si è ancora deciso come finanziarli, ma che vanno comunque elencati e si riferiscono a scelte che dal punto di vista politico appaiono difficili da evitare: dai rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici alle missioni internazionali. Nel Documento di economia e finanza questo conto vale 3,2 miliardi per il solo 2020.
Poi, ed è la voce più sostanziosa, c’è l’annunciata flat tax per le famiglie, il cui costo quantificato dallo stesso Matteo Salvini si aggira sui 15 miliardi (anche se in passato sono state fatte valutazioni più alte e una stima del sito economico Lavoce.info alza l’asticella ad almeno 17). A questa misura-simbolo Luigi Di Maio oppone la propria, ovvero il taglio del cuneo fiscale a beneficio delle imprese. Il costo dipenderà naturalmente dal modo in cui la misura sarà articolata, se generale o selettiva e così via. In linea di massima il taglio di un punto di cuneo viene normalmente valutato in circa 2 miliardi.
Siamo già quindi oltre i 40 miliardi, senza contare le esigenze aggiuntive (e le richieste) che si materializzano in ogni sessione di bilancio. Si tratterebbe quindi di una manovra ben superiore a quelle degli ultimi anni, se il governo deciderà di trovare effettivamente tutte le coperture necessarie, senza aumentare ancora il deficit. In questo caso – a parità di altre condizioni – il rapporto tra disavanzo e prodotto interno lordo resterebbe fissato al 2,1 per cento, ovvero più o meno il valore che il ministro Tria intende garantire per il 2019 e che è al centro del negoziato con la commissione.
Ciò vuol dire che poi nel 2020 il miglioramento dei conti rispetto all’anno precedente sarebbe limitato o nullo: ma in una situazione del genere, soprattutto se nel frattempo sarà già stata avviata la procedura, la commissione potrebbe richiedere uno sforzo ulteriore in direzione del pareggio di bilancio. Ecco perché in realtà su quello che succederà il prossimo anno la Ue vuole garanzie già da ora.