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Pensioni: contributi di solidarietà, la Cassazione ribadisce che si tratta d’imposizione di prestazioni patrimoniali

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Il Notiziario, curato da Franco Abruzzo, portavoce del Mil, ci informa che la Cassazione con due nuove ordinanze ha affermato che é del tutto illegittimo un contributo di solidarietà sulle pensioni adottato da una Cassa previdenziale privatizzata senza un’espressa norma di legge. In tal caso il taglio della pensione é illegale per violazione della riserva di legge, sancita dall’art. 23 della Costituzione. La 6^ sezione civile della Suprema Corte con le decisioni n. 16813 e 16814 del 24 giugno 2019,

I principi che seguono, stabiliti dalla Suprema Corte, sono interessanti non solo per lo specifico caso dell’attività della Casse di previdenza private, ma soprattutto perché riaffermano l’illegittimità anche di provvedimenti dello stesso tipo, quali i contributi di solidarietà o la recente riduzione delle pensioni alte, adottata dal governo gialloverde.

In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Costituzione, la cui imposizione è riservata al legislatore” (Cassazione n. 31875/2018).

La piu’ recente decisione (Cassazione n. 603/2019) ha ulteriormente rilevato che “appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dall’art 1, comma 486, Legge n. 147/2013, ha affermato che si è in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Costituzione, avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”.

Insomma i supremi giudici sulla base delle considerazioni che precedono hanno concluso nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un «criterio di determinazione del trattamento pensionistico», ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore.

Come tale, aggiungiamo noi, si traduce in un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali, questo è il principio fondamentale stabilito dalla Corte di cassazione, che può estendersi ad altre fattispecie di prelievi forzosi. Come tali, sulla base delle più recenti pronunce della Consulta, debbono avere carattere eccezionale, non possono essere ripetuti, debbono essere adeguati nella loro misura e non debbono avere durata eccessiva. Il prelievo gialloverde sulle pensioni alte dura 5 anni ed arriva a livelli elevatissimi. Quanto basta per farlo dichiarare incostituzionale dalla Consulta, sulla base dei ricorsi che tutti gli interessati stanno preparando davanmti a sezioni della Corte dei Conti e tribunali ordinari. Sperando che la Corte, che recentemente, dai tempi di Renzi, è sembrata propensa a privilegiare la ragion di Stato (rectius del Governo) piuttosto che il dettato costituzionale, sia coerente con le sue precedenti pronunce in materia. Ma purtroppo siamo abituati ormai ai giri di valzer dei giudici costituzionali, anche se atavolta si tratta di giudicare provvedimenti di un governo non di sinistra.

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