Ammiraglio e legali contro il giudice Vella, avrebbe ignorato precise sentenze della Cassazione
FIRENZE – Un nostro lettore ci ha segnalato che l’ordinanza del Gip di Agrigento avrebbe ignorato precise sentenze della Cassazione. Abbiamo approfondito la questione e ci risulta che anche un ammiraglio e un gruppo di avvocati abbiano contestato pesantemente il gip Vella e la sua decisione a favore della Rackete. L’Ammiraglio Nicola De Felice in particolare ha segnalato che la Corte di cassazione, in passato, si è già occupata della questione del rifiuto di obbedienza a nave da guerra, il reato contestato alla Rackete ed escluso dal giudice Vella in quanto la motovedetta sarebbe tale solo fuori dalle acque territoriali.
L’Ammiraglio rileva che la Cassazione nel 1987 ha sentenziato in tutt’altro modo rispetto alla recente ordinanza: «Anche ai fini dell’applicazione dell’art. 1099 cod. nav. (rifiuto di obbedienza a nave da guerra), questa corte ha già avuto modo di affermare che una motovedetta armata della Guardia di Finanza, in servizio di polizia marittima, deve essere considerata nave da guerra (Cass. Sez. III, n. 9978 del 30.6.1987, Morleo, rv. 176694)». Le imbarcazioni della GdF di mare hanno il vessillo della Marina Militare; hanno specializzazione CEMM; hanno rango di Forza Armata, tutte circostanze ignorate dal giudice. Anche di questo dovrebbe tener conto il procuratore Patronaggio nel decidere se ricorrere (speriamo di si) o meno contro la Vella.
Questa tesi è confermata da altri interventi di avvocati specializzati, che ricordano anche altre decisioni della Suprema Corte su questo tema, visto che l’effettiva applicazione delle disposizioni, esclusa dalla Vella, è stata pienamente giustificata anche da un altro precedente costituito da Cass. pen. Sez. III, (ud. 14-06-2006) 21-09-2006, n. 31403. In quell’occasione la Suprema Corte ha pienamente ravvisato il reato de quo «essendo pacifico che l’imbarcazione dell’imputato aveva concretamente manovrato per opporsi all’inseguimento e all’abbordaggio da parte della motovedetta della Guardia di Finanza (OMISSIS)», comportamento simile a quello del caso di specie.
La Suprema Corte ha avuto modo di rilevare che «indubbia è infatti la qualifica di nave da guerra attribuita a tale motovedetta, non solo perchè essa era nell’esercizio di funzioni di polizia marittima, e risultava comandata ed equipaggiata da personale militare, ma soprattutto perchè è lo stesso legislatore che indirettamente iscrive il naviglio della Guardia di Finanza in questa categoria, quando nella L. 13 dicembre 1956, n. 1409, art. 6, (norme per la vigilanza marittima ai fini della repressione del contrabbando dei tabacchi) punisce gli atti di resistenza o di violenza contro tale naviglio con le stesse pene stabilite dall’art. 1100 c.n., per la resistenza e violenza contro una nave da guerra».
Secondo la tesi degli avvocati citati esiste anche la violazione dell’art. 1099 c.n. (rifiuto di obbedienza a nave da guerra), considerato che, alla stregua di un altro precedente della Suprema Corte, che abbiamo ricordato già sopra, «una motovedetta armata della Guardia di Finanza, in servizio di polizia marittima, deve essere considerata nave da guerra (Cass. Sez. 3^, n. 9978 del 30.6.1987, Morleo, rv. 176694)». Così come sussisterebbe il delitto di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 c.p., che «per giurisprudenza costante concorre con quello di cui all’art. 1100 c.n., in ragione della diversità del bene tutelato, individuato rispettivamente nella tutela fisica o morale del pubblico ufficiale e nella tutela della polizia marittima».
Tutte sentenze e norme ignorate bellamente dal giudice Vella. Anche di questo dovrebbe tener conto il procuratore Patronaggio nel decidere se ricorrere o meno contro l’ordinanza.