Mostro di Firenze: si chiude l’ultima inchiesta (e il dramma di un’epoca). Archiviazione per 2 indagati
FIRENZE – Si chiude una pagina drammatica della storia di Firenze, quella dei delitti del fantomatico mostro, senza una verità finale. Chi c’era dietro la mano che sparava con la calibro 22? Era una mano o più mani? La Procura ha, infatti, deciso di chiudere l’ultima inchiesta e di chiedere l’archiviazione per i due indagati, l’ex legionario nero Giampiero Vigilanti, 89 anni, di Prato, e il medico mugellano Francesco Caccamo, 88 anni. Nei loro confronti, gli inquirenti non sono andati oltre un quadro indiziario fragile ed incerto, non certo suscettibile ad assurgere a dignità di prova, né tale da essere in alcun modo ulteriormente corroborato con ulteriore attività investigativa, tenuto anche conto del lungo tempo trascorso dai fatti. La notizia è riportata da La Nazione.
Sono passati più di 50 anni da quando a Signa (Firenze) la calibro 22 sparò per la prima volta i proiettili assassini Winchester serie H. Ma l’ultima inchiesta, anche se non servirà a scrivere una nuova verità sui responsabili (per gli ultimi quattro duplici omicidi sono stati condannati i compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti, mentre il contadino Pietro Pacciani è morto prima di un nuovo processo), avrebbe potuto certificare alcuni punti fermi. E’ una Beretta, sempre la stessa, mai ritrovata, a sparare nell’arco
di 17 anni, dal 1968 al 1985. Le perizie, che hanno riguardato i bossoli, i proiettili e pure l’ogiva rinvenuta di recente nel cuscino
della tenda della coppia di francesi uccisi a San Casciano Val di Pesa nel 1985, dissolvono ogni dubbio. Unica novità, il modello: in alternativa al 71 o suoi derivati, viene ipotizzato il modello 48 (e suoi derivati).
Sempre tra i reperti dell’ultimo omicidio, c’è un fazzolettino, sporco di sangue, ritrovato da dei curiosi alcuni giorni
dopo il delitto: quel sangue, hanno stabilito i genetisti, è delle vittime, Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili. Il guanto che era
vicino al fazzoletto, invece, sarebbe appartenuto agli infermieri intervenuti in soccorso. Niente dna, invece, su bossoli e proiettili.
E neanche sull’ogiva del cuscino. Il mostro non ha lasciato tracce. O se le ha lasciate, sono svanite. L’ex legionario Vigilanti era stato lambito più volte, negli anni, dalle indagini. Gli erano stati anche trovati 176 proiettili Winchester identici a quelli usati dal killer. Dal 2014, dopo un esposto dell’avvocato delle vittime francesi, Vieri Adriani, è stato sentito cinque volte, come persona informata sui fatti, dal pm Paolo Canessa e dai carabinieri del Ros.
Tra gli indizi a suo carico, il possesso di un’auto sportiva rossa, con cofano nero, dello stesso tipo di quella avvistata da testimoni nei luoghi degli omicidi del 1981, a Calenzano (Fi), e 1984, a Vicchio, suo paese natale. Vigilanti ha ‘confessato’ di essere stato presente sui luoghi la notte di questi due omicidi (Ma solo per curiosare). Vigilanti ha inoltre riferito di conoscere Pacciani e Lotti «e di averli visti insieme – scrive il pm Luca Turco – nella zona ove è avvenuto l’omicidio di Claudio Stefanacci e Pia Rontini, alcuni giorni prima del fatto, mentre questi eseguivano un sopralluogo. Ha dichiarato di averli rivisti ancora, dopo l’omicidio nella stessa zona». Dichiarazioni autoaccusanti, mischiate però ad altre quasi calunniose: al giudice ora il compito di chiudere o tenere viva l’inchiesta infinita. Che ora finisce nell’archivio giudiziario. Insieme ai ricordi di Firenze e dei fiorentini, ossia di una città e di una popolazione che visse nel terrore per anni. E che avrebbe voluto sapere chi, e perchè, disseminò le colline più belle del mondo di cadaveri di ragazzi che cercavano solo un po’ d’intimità.