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Flat tax, ultimatum di Salvini a Tria: «O io o lui…». Basta teatrino: ridiamo soldi agli italiani

Una poltrona per due? Salvini sfida Tria: dice che se resta ministro dell’Economia, se ne va lui. Facendo cadere il governo

ROMA – Prima una dichiarazione morbida, poi l’aut aut di Matteo Salvini a Tria sulla flat tax: «Se il ministro dell’Economia del mio governo dice che di taglio delle tasse non se ne parla, o il problema sono io o è lui. Cosa faccio una manovra economica all’acqua di rose? L’Italia ha bisogno di uno choc fiscale forte». Ecco, il teatrino va avanti, fra dichiarazioni e litigi da operetta, messi in scena soprattutto per mandare segnali. Il governo, è questa la mia impressione, litiga per non cadere, cioè per non dimostrare la sua vera inefficienza. Prima di proseguire fatemi dire una cosa: siamo stanchi di questa politica urlata, che non porta a niente. Mi chiedo: la flax tax serve? In teoria sì, ma sembra inutile se limitata ai redditi familiari sotto i 50mila euro, come dice Salvini. Pedrchè a quel livello ci sono già sgravi e benefici. C’è tanta gente che non paga quasi nulla perchè dichiara redditi sotto i 15 mila euro. E nella fascia fra i 15 mila e i 50 mila esistono, come detto, riduzioni di tasse e abbattimenti importanti. Il vero problema è la fascia superiore, fra 50 e 100 mila euro lordi l’anno: troppo tartassata. Se si riuscisse ad ammorbidire la stangata attuale (chi paga fra il 35 e il 43% è davvero stufo), probabilmente si abbasserebbero, e non di poco, quelle sacche d’evasione che sono il vero punto debole dell’economia italiana. Dove pochissimi pagano tutto, mentre in troppi fruiscono di servizi pagati da altri. Sarò banale, e probabilmente riceverò lettere di precisazione da grandi esperti di economia, ma la dico brutalmente lo stesso: bisogna rimettere soldi in tasca agli italiani. Bene gli sgravi alle imprese, ma a patto che questi abbiano un vero riverbero sulle buste paga. E basta vessare i pensionati: chi ha versato contributi per 40 anni non deve pagare il 40% di tasse, con l’aggiunta del contributo di solidarietà.

S&P – Andiamo avanti. Prendo nota dell’ennesima esternazione del vicepremier, così come registro l’ultima informazione che arriva dall’agenzia di rating Standard & Poors, secondo la quale, al momento, per l’Italia non c’è uno scenario da crisi del debito pubblico. Tuttavia in uno scenario alternativo, in cui i policymaker perseguono soluzioni non ortodosse – come l’introduzione di una valuta parallela o di misure di bilancio senza copertura finanziaria, per eludere i vincoli fiscali stabiliti dai trattati Ue – l’adesione dell’Italia all’area Euro potrebbe essere messa in discussione. In extremis, fa sapere S&P, potrebbe verificarsi una nuova crisi di fiducia, come quella avvenuta in Grecia nel giugno 2015. Il solito spauracchio per evitare di abbassare le tasse? Può essere. Tria tiene la borsa chiusa, perchè ci sono gli impegni con Bruxelles. Però esistono possibilità di manovra che lo stesso ministro dell’Economia non nasconde. Il suo problema? Non darla vinta a Salvini. Bravo: che trovi lui, da raffinato tecnico qual è, il modo di fare un po’ di giustizia, ridando almeno qualcosa a chi, finora, ha pagato e basta.

TEATRINO – La mia impressione, invece, è che si voglia continuare nel teatrino, nella sceneggiata, per alzare polveroni dai quali non si riesca a vedere nulla. Con un obiettivo: continuare a far vivacchiare questo governo senza mettere sul tavolo quella concretezza di cui il Paese ha assoluto bisogno. Fra Salvini e il premier Conte la tensione è ai massimi livelli. Ed è la scena a raccontarlo. Mentre i due vicepremier sono riuniti nella sede della presidenza, il presidente del Consiglio esce a piedi per andare a pranzo in un ristorante di sushi con il suo staff. «Dobbiamo lavorare, non chiacchierare», dice lapidario. E respinge sdegnato i sospetti nati nello stesso governo: «E’ pura fantasia che io voglia una nuova maggioranza o farmi un partito». Salvini, dopo essere passato all’incasso sulla Tav, punta dritto alla flat tax (a mio parere insufficiente) e arriva a evocare le elezioni anticipate: bisogna sfidare l’Ue perché «o riusciamo a tagliare le tasse per tanti con una manovra da decine di miliardi o chiediamo il parere agli italiani», dice il ministro. E ribadisce di non aver «ancora capito» quale sia l’idea di manovra. Il bersaglio diretto, ripeto, è Giovanni Tria: «Se pensa di fare una manovra economica da robetta, una manovricchia, non sarà il nostro ministro dell’Economia».

GOVERNO – Le incognite che gravano sul governo sono ancora molte. Tanto che un dirigente pentastellato ammette: «Non so se sia recuperabile il rapporto con la Lega». Conte avrebbe chiarito con Di Maio la vicenda dell’uscita dall’Aula dei senatori M5s mercoledì, mentre lui parlava. Ma tra i Cinque stelle montano l’insofferenza e le fibrillazioni dopo il via libera alla Tav: il timore è che il gruppo possa non reggere nel voto al Senato sul decreto sicurezza bis, con una fronda di dissidenti che con il loro No aprirebbero la crisi di governo. Ma lo dico ancora una volta: credo che nessuno voglia rompere il balocco. Anche perchè circola, soprattutto nei dintorni del Quirinale, l’idea di un governo alternativo: senza Lega e senza Di Maio. E magari con i voti dei Cinque stelle vicini a Fico. Fantapolitica? Mica tanto. Resto dell’idea che la soluzione migliore sia quella di tornare alle urne prima possibile. Ma se proprio Conte, Salvini, Di Maio e Tria devono andare avanti la smettano di strillare: e trovino il modo di far respirare gli italiani, in particolare quelli che pagano per tutti. Restituendo loro almeno un po’ di quei soldi che, ormai da troppo tempo, sono costretti a versare a beneficio di tutti.


Sandro Bennucci

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