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Open Arms: ricorso alla procura di Agrigento per sbarcare tutti i migranti. Hanno gravi difficoltà psicologiche

LAMPEDUSA . Per sbloccare la situazione di stallo le ong, le cui navi sono bloccate in alto mare, ricorrono al consueto stratagemma di tragicizzare la situazione sanitaria, da loro stesse provocata, sperando nellaiuto di qyalche Tar o di qualche procura o, naturalmente, del soccorso rosso dei compagni che agiscono nel nostro paese.

Il messaggio partito dalla ong è il seguente: la situazione a bordo della Open Arms è di assoluta emergenza. Il comandante ha deciso di mettere a mare i barchini di appoggio per potere intervenire immediatamente se qualcuno dei 134 migranti rimasti a bordo dovesse gettarsi in acqua come molti minacciano di fare. Anche la guardia costiera ha inviato suoi mezzi a monitorare la nave alla fonda a poche centinaia di metri dalla costa. Questa mattina i legali della Ong spagnola hanno presentato alla Procura di Agrigento un esposto facendo il punto della situazione a bordo e lamentando la mancata esecuzione, nei fatti, dell’ordinanza del Tar del Lazio che ha consentito alla nave di entrare nelle acque territoriali per consentire il soccorso immediato delle persone a causa della eccezionale gravità della situazione. Soccorsi che però non possono essere portati se alla nave non viene consentito di attraccare.

Dalla Open Arms si scende ormai a piccoli gruppi quando la resistenza è allo stremo. Dopo le nove persone portate a terra ieri sera dalla guardia costiera, un’altra evacuazione d’urgenza di tre persone ed un loro accompagnatore si è resa necessaria stanotte per complicazioni mediche che richiedono cure specializzate. Tra le tre persone evacuate all’alba di oggi, anche il ragazzo della Guinea Bissau ( di cui Repubblica ha raccontato la stori) con i piedi perforati da ferite di arma da fuoco. L’uomo è stato trasferito presso la Guardia medica di Lampedusa per le cure del caso. Un altro migrante era a rischio setticemia. Da qui la necessità di evacuare l’ammalato. A tetimonianza che si interviene per le vere emergenze.

A bordo della nave, dove i migranti (rimasti adesso in 134) hanno passato la loro quindicesima notte, la situazione è ormai diventata insostenibile sia dal punto di vista igienico sanitario ( come ha certificato l’ispezione dei medici del Cisom ieri mattina) ma anche dal punto di vista psicologico.
I cinque migranti per i quali è stata autorizzata l’evacuazione ieri sera ( insieme a quattro familiari) presentavano problemi psichici importanti per i quali i medici hanno disposto l’invio immediato all’ambulatorio di Lampedusa. Ed è evidente che, vedendo scendere a piccoli gruppi alcuni dei loro compagni di viaggio, per chi resta a bordo la situazione è sempre meno gestibile. L’equipaggio ha avuto le sue difficoltà a controllare le reazioni degli altri, c’è stata una crisi di pianto generalizzata, anche perchè le persone che sono state fatte scendere sono dell’Africa bianca e quelli rimasti sulla barca si sono convinti che alla base della decisione ci fosse un criterio di razza.

Dalla nave parte l’ennesimo appello: “Tutte le persone a bordo devono essere fatte sbarcare urgentemente. L’umanità lo impone”. Nell’attesa che la situazione si sblocchi, a dettare l’emergenza sono gli psicologi. L’autorizzazione allo sbarco della nave, al momento, è di competenza della prefettura di Agrigento che però glissa in attesa di indicazioni dal Viminale ma la Procura potrebbe intervenire nelle prossime ore se la situazione dovesse ulteriormente complicarsi o se ravvisasse ipotesi di reato a carico di chi non ottempera all’ordinanza del Tar che ha disposto l’ingresso in acque italiane della nave per consentire soccorsi immediati in una situazione di gravità eccezionale. Soccorsi che evidentemente, a detta della Ong, possono essere garantiti solo a terra e non con la nave alla fonda a poche centinaia di metri dal porto di Lampedusa, anche se finora è stato dimostrato esattamente il contrario.

Situazione di stallo anche per la Ocean Vikings che, con 356 persone a bordo, naviga tra Lampedusa e la costa della Sicilia meridionale. Alla richiesta di coordinamento dei soccorsi e di assegnazione di un porto sicuro Malta ha risposto di no e l’Italia non ha mai risposto.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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