Inps: pesanti sanzioni per chi occupa in nero percettori reddito cittadinanza
ROMA – I percettori del reddito di cittadinanza assunti in modo irregolare rischiano una condanna sino a sei anni di reclusione e la restituzione delle somme di RdC indebitamente ricevute.
Sanzioni pesanti per lavoratori e datori di lavoro che impiegano in nero percettori del reddito di cittadinanza. Se l’ispettorato del lavoro li scopre i datori di lavoro saranno soggetti alla maxisanzione prevista per il lavoro nero e dovranno obbligatoriamente procedere alla loro assunzione per la revoca della sospensione dell’attività d’impresa (sanzione che scatta se i lavoratori irregolari sono il 20% o più della forza lavoro); i percettori dell’RdC rischiano, invece, una condanna sino a sei anni di reclusione oltre alla decadenza dall’RdC e alla restituzione degli importi indebitamente ricevuti. Le indicazioni le fornisce l’Ispettorato nazionale del lavoro nella circolare numero 8/2019 pubblicata l’altro giorno a chiarimento dell’impianto sanzionatorio previsto dal Dl 4/2019 contro gli abusi dell’RdC.
Le fattispecie di reato
Il documento illustra in primo luogo le fattispecie di reato previste nei casi di violazione degli obblighi d’informazione dei richiedenti, da ritenersi operative sia in fase di presentazione dell’istanza, sia durante la fruizione del RdC. La prima ipotesi di violazione, punita con la reclusione da due a sei anni, è la condotta di «chiunque, al fine di ottenere il beneficio indebitamente (…), rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute (…)». Il reato, precisa l’Inl, si configura nei casi in cui l’attività «in nero» sia stata avviata prima dell’istanza di RdC e il compenso percepito sia stato omesso all’atto di presentazione della domanda di RdC, con omissione o falsità delle informazioni rese con il modello Inps «RdC/PdC – com ridotto».
La seconda ipotesi, punita con la reclusione da uno a tre anni, riguarda «l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio». Per la configurazione del reato, non rileva lo svolgimento in sé dell’attività lavorativa, che è attività compatibile di principio con la fruizione del RdC, ma, piuttosto, l’omessa comunicazione del reddito che avrebbe potuto comportare, se correttamente comunicato, la riduzione o addirittura il venir meno del RdC. Il reato si configura, spiega l’Inl, se il lavoratore non comunica l’avvio di un’attività di lavoro dipendente all’Inps tramite il modello «Rdc/Pdc – Com Esteso» entro 30 giorni, cui è tenuto a prescindere dall’invio, da parte del datore di lavoro, della comunicazione al collocamento (CO online), e che comporta anche la decadenza dal RdC. Nel caso di variazioni di reddito per avvio di attività d’impresa e/o di lavoro autonomo, il reato si perfeziona quando tali variazioni non sono rese entro il «quindicesimo giorno successivo al termine di ciascun trimestre dell’anno» (fermo restando l’obbligo di comunicare l’avvio dell’attività entro 30 giorni, a pena di decadenza dal RdC).
La decadenza dal RdC
L’impianto sanzionatorio è ulteriormente irrobustito dall’obbligo per l’Inps di disporre la decadenza dall’RdC con efficacia retroattiva nei confronti del percettore dell’RdC impiegato in modo irregolare. Tale sanzione, precisa l’Inl, scatta automaticamente quando si “accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell’istanza ovvero l’omessa successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell’istante”. Al fine di agevolare lo svolgimento dell’attività di vigilanza sulla sussistenza delle circostanze che comportino la decadenza dal beneficio l’Inl avrà pieno accesso alle banche dati gestite dall’INPS.
Maxisanzione
Al pari dell’impiego irregolare di stranieri o minori di età anche i datori di lavoro che impiegano irregolarmente percettori del RdC sono soggetti all’incremento del 20% delle sanzioni sul lavoro nero (cd. maxisanzione), illecito non diffidabile. Se i lavoratori occupati in nero sono almeno il 20% della forza lavoro scatta anche la sospensione dell’attività d’impresa, provvedimento per la cui revoca il datore di lavoro dovrà procedere alla regolarizzazione amministrativa e contributiva del periodo «in nero» accertato anche quando trattasi di beneficiari di RdC.