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Fisco: evasione e lotta ai pagamenti in contanti

MoneteAl fine di far emergere il sommerso e contrastare l’evasione fiscale, non c’è dubbio che bisognerebbe incentivare l’uso di mezzi di pagamento tracciabili, adottando magari misure congiunte, di natura non prettamente fiscale, che incentivino l’emersione dell’economia sommersa legata all’uso dei contanti. A tal fine, si dovrebbe intervenire, tra le altre, sul profilo delle commissioni a carico degli esercenti, disciplinando anche, per norma primaria, il regime sanzionatorio in caso di mancato utilizzo dei POS. Prima del parere contrario del Consiglio di Stato, di giugno 2018, era infatti obbligatorio avere il POS e accettare i pagamenti con strumenti elettronici ed erano previste sanzioni fino a 30 Euro per ogni pagamento elettronico rifiutato.

Tuttavia, il 1° giugno 2018 i giudici amministrativi hanno bocciato lo schema di regolamento ed eliminato le sanzioni per commercianti e professionisti che non accettano i pagamenti con carta. Se poi si volesse adottare una misura specificatamente fiscale, si potrebbe legare la detraibilità delle spese all’obbligo di una percentuale minima obbligatoria di spese annue da sostenere con strumenti di pagamento elettronici, magari definita in base al reddito lordo annuo, con una logica di tipo progressiva. Più che colpire i contanti bisognerebbe dunque incentivare il cashless, diminuendo l’impatto economico sia su esercenti che su consumatori nel momento in cui usano i pagamenti elettronici, abbassando, da una parte, le fee ai primi ed applicando uno “sconto” fiscale, per chi sceglie di pagare con mezzi tracciabili, ai secondi.

Guardando alle esperienze internazionali, ad esempio, in Corea del Sud è stata prevista una detrazione su imposte dirette, nella misura massima del 20% delle spese effettuate con carta di credito, col doppio limite di un tetto di circa 2500 dollari e di spese che superino il 25% del reddito lordo e, per gli esercenti, un abbassamento dell’Iva del 2% per le operazioni d’incasso effettuate tramite POS. In Grecia, invece, dal 2017, ogni contribuente può portare in detrazione dal 10% al 20% di quello che ha speso con un pagamento elettronico, laddove però la quota minima di spesa da pagare cashless è proporzionale al reddito annuo imponibile. In conclusione, come risulta anche dal report Ambrosetti Cashless Revolution, se nel nostro Paese aumentassero i pagamenti digitali e diminuissero le transazioni regolate in contanti, si ridurrebbe l’incidenza dell’economia sommersa e dell’Iva evasa rispetto al Pil, e grazie a tali riduzioni si potrebbero recuperare tra un minimo di 11,3 miliardi di euro e un massimo di 63,5 miliardi di euro di economia sommersa e tra 6 miliardi di euro e 28 miliardi di euro di Iva evasa.


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Giovambattista Palumbo

Osservatorio politiche fiscali dell'Eurispes

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