Pensioni, anche in Francia un compromesso difficile. La stampa critica il presidente Macron
PARIGI – Mentre si è avviato un compromesso fra le parti e proseguono le manifestazioni a Parigi e nella altre città della Francia, la stampa non è certo tenera con il Presidente Macron. Libération titola: «A cause de Macron grandes perdantes nous serons» (con Macron saremo i grandi perdenti), e poi «Carton rouge contre la revolution conservatrice de Macron» (cartellino rosso alla rivoluzione conservatrice di Macron).
E’ opportuno, per comprendere la dura reazione dei sindacati, spiegare il nodo del contendere, che tiene la Francia in scacco da 38 giorni. Si tratta in sostanza della determinazione di una nuova età base che entrerà in vigore nel 2022, inizialmente fissata a 62 anni e 4 mesi e che, ogni anno, aumenterà di 4 mesi per raggiungere i 64 anni nel 2027. Anche se hanno convalidato i loro trimestri di contributi, i lavoratori attivi devono pertanto raggiungere questo nuovo limite di età per beneficiare della pensione completa. In caso contrario, verrebbe applicata una penalità. Per i beneficiari del regime delle carriere lunghe, sarà quindi necessario raggiungere i 62 anni per beneficiare di una pensione completa quando oggi alcuni possono partire a 60 anni. L’articolo in questione prevede, tuttavia, che questa soluzione sarà adottata a meno che le parti sociali presentino una proposta alternativa che consenta il ritorno all’equilibrio.
La nuova governance del futuro sistema universale dovrebbe entrare in vigore entro il 1 ° gennaio 2021, e le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro avranno tempo fino al 1 settembre 2021 per concordare un altro sistema.
Vista la situazione di stallo, il capo del governo ha avanzato ai sindacati una proposta concreta di compromesso, rinunciando a seguire il calendario molto serrato che aveva escogitato per la votazione della riforma delle pensioni prima dell’estate: presentazione in Consiglio dei Ministri il 24 gennaio, discussione in Assemblea per tutto il mese di febbraio , passaggio al Senato e testo legato a fine giugno.
Mantenendo nel testo il meccanismo dell’età dell’equilibrio, «la riforma come è oggi, non porta il sigillo della giustizia sociale», aveva affermato il leader del CFDT, assicurando che se il governo voleva davvero «uscire da questa trappola in cui si è bloccato il dibattito e tornare a discutere sul sistema universale in quanto tale, deve abbandonare la questione del bilancio».
Non si tratta di questione di poco conto, secondo il preventivo di spesa distribuito alle parti sociali dal premier i risparmi che la nuova disciplina, a partire dal 2022, potrebbe generare sono i seguenti: 3 miliardi di euro nel primo anno, 5 miliardi nel 2023, 6,5 nel 2024, 9 nel 2025, 11 nel 2026 e, infine, 12 miliardi nel 2027. Questo spiega le resistenze del Governo a cambiare la contestata regola dell’età pivot a 64 anni. Vedremo a questo punto come andranno avanti le trattative.