Skip to main content
BOCCACESCA
Admin Ajax.php?action=kernel&p=image&src=%7B%22file%22%3A%22wp Content%2Fuploads%2F2019%2F03%2Fpadoin0

Emergenza coronavirus: poteri statali e locali, occorre rimediare alla svelta all’eccessiva devolution

Il caos politico e amministrativo che è emerso e continua a manifestarsi in Italia sia a livello centrale che a quello locale, le differenze, le incertezze, gli effetti dannosi per i cittadini conseguenti alle diatribe di competenze, soprattutto in una materia essenziale come la sanità, hanno riproposto il tema del rapporto fra autonomie locali e Stato, fra prevalenza di decisioni centrali e decentramento sempre più spinto.

In questa fase di continua emergenza però, lo confesso, mi è sembrato che il governo giallorosso abbia dato prova di maggior disorganizzazione e indecisione; è mancata una figura autorevole (avrebbe dovuto essere il premier appoggiato dalla protezione civile) che desse indicazioni precise, nette di carattere generale, che tutti gli enti e i cittadini avrebbero dovuto seguire. Invece il premier Conte si è esibito in una serie di esternazioni solitarie, prevalentemente a tarda ora e senza contraddittorio; ogni ministro e ogni esperto ha parlato per conto suo, le decisioni sono state prese, senza il controllo parlamentare, da soli due o tre esponenti governativi, la protezione civile non ha funzionato, e sono state praticamente sospese le garanzie di funzionamento dello Stato democratico.

Uomo solo al comando circondato da un piccolo esercito di fidi scudieri, opposizione messa fuori gioco, Capo dello Stato quasi sempre silente, in perenne attesa, timoroso d’intervenire, temendo di pregiudicare la situazione.

Ci si è resi conto però – al di là delle inefficienze statali e regionali, ognuno per la sua parte- che tre decenni trascorsi a parlare di secessione, indipendentismo, federalismo, devolution, livelli di competenze, attribuzioni di potere, politiche territoriali, autonomia differenziata, ecc. si sono improvvisamente vanificati allorché quasi dappertutto amministratori e cittadini hanno cominciato a chiedere la stessa cosa: un intervento massiccio – in termini di uomini, mezzi e soldi – dello Stato e dunque dell’autorità politica centrale.

Chi è stato per decenni ai vertici di varie prefetture in varie province e regioni, ha toccato con mano quanto siano state perniciose le riforme che hanno privilegiato le autonomie, soprattutto quella del 2001, approvata dal centrosinistra a fine legislatura con soli 4 voti di maggioranza. Ecco che molte materie sono diventate concorrenti, provocando liti continue fra Stato e Regioni, che hanno costretto a un superlavoro la Corte Costituzionale per definire i limiti delle rispettive competenze. E’ un peccato perciò che anche la parte delle riforme costituzionali renziane, che ristabilivano il giusto rapporto fra Stato e Regioni, sia stata travolta dalla bocciatura popolare più del renzismo che delle materie soggette a referendum.

Ma stavolta, passata la bufera coronavirus, da molte parti si chiede che si ponga subito mano a una nuova e più funzionale distribuzione dei poteri e delle competenze tra Stato e Regioni. Occorre ripristinare, sulle materie fondamentali protette dalla Costituzione, il ruolo di autorità politica suprema che sulle materie strategiche per la vita di una collettività lo Stato deve mantenere. Occorre ripensare le troppe competenze di natura concorrente previste dall’art. 117 comma 3 della Costituzione in materia di istruzione, politica industriale, fiscalità, governo del territorio, commercio con l’estero, professioni, protezione civile, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, porti e aeroporti, ecc.

I Presidenti di Regioni, ai quali è stato attribuito, sbagliando, il pomposo titolo di Governatori che fa loro gonfiare il petto, si sono sentiti a lungo depositari di un potere alternativo o concorrenziale con quello centrale. Chi ricorda la nascita dell’ente Regione, prevista dalla Costituzione, sa che le Regioni furono previste per dare all’Italia un assetto più democratico, ma anche perché il Pci, attraverso il potere locale, voleva controbilanciare quello nazionale monopolizzato dalla Dc.

Questo riequilibrio istituzionale è una delle tante sfide – essenziali – che, quando l’emergenza sarà finita, dovremo affrontare, anche per non ripetere gli stessi errori in situazioni analoghe, che speriamo non capitino più.


Padoin0

Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741
FirenzepostAMP