Germanexit: Corte tedesca viola fondamenta diritto internazionale, e governo la segue.
La posizione del governo tedesco e della Corte costituzionale tedesca hanno sconvolto tutti i principi di diritto europeo e internazionale, ignorando la gerarchia delle fonti del diritto da sempre esistente e decidendo a pro loro, come abitudine dei tedeschi da sempre. Sarebbe ora che gli altri Stati si svegliassero, che gli organi comunitari (Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia Ue) si attivassero per espellere dai ranghi europei queste istituzioni teutoniche prevaricatrici, che guardano solo all’interesse domestico, piegando (e finora ci sono riuscite) gli interessi generali a quelli loro e dei loro accoliti.
Ricordo a me stesso che tra i principi fondanti del diritto internazionale due sono quelli che sempre vengono rievocati nella mente di ogni negoziatore: il rispetto di quanto si firma e la reciprocità degli impegni presi. Il primo deriva da una consuetudine già vigente al tempo dell’impero romano sintetizzata nel brocardo ‘pacta sunt servanda’, il secondo implica che i contenuti di un accordo devono essere validi e reciproci per tutti i contraenti.
Lo ricorda Ferdinando Fedi in un interessante articolo sulla questione, pubblicato sulla rivista Infosecnews.
I principi consuetudinari, che sono la genesi del diritto dei trattati, valgono sopra ogni cosa e non vi è norma interna, neppure di rango costituzionale che possa prevalere su di essi. O meglio, qualora quanto si firma vada in contrasto con l’ordinamento interno di un singolo Paese, le difficoltà vanno rappresentate prima e se l’ostacolo persiste ovviamente quel Paese non può aderire al trattato con la propria sottoscrizione. Il problema non è solo riferito al diritto comunitario che prevale sulle leggi nazionali degli Stati componenti la Ue , ma è comune ad ogni tipo di accordo internazionale.
Anche il regolamento della BCE è disciplinato da un intero capitolo del Trattato del Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e il suo statuto è definito in un protocollo allegato, quindi parte integrante del trattato. Trattato sottoscritto, ratificato ed entrato in vigore! Anche dalla Germania, che dovrebbe attenersi a quelle regole.
Con la sentenza della Corte Costituzionale tedesca del 5 maggio tutti i principi del diritto internazionale vengono ribaltati e si apre un grave conflitto istituzionale in quanto il merito del contenzioso era già stato esaminato sfavorevomente dalla Corte di giustizia europea, verdetto che evidentemente la Germania non ha ritenuto di accettare. La sentenza della Corte di giustizia Ue si occupò dell’acquisto di titoli di debito pubblico per 2600 miliardi fatti dalla BCE nel 2015 mediante il Quantitative Easing, applicato dall’allora Governatore Mario Draghi, e la Corte europea dette ragione alla bce e a Draghi e torto ai tedeschi. Il problema sta nel fatto che vi è un Paese nell’ambito dell’UE che ritiene che la propria Corte prevalga su quella Europea, peraltro anch’essa prevista dal Trattato.
Un vero e proprio vulnus alle fondamenta delle istituzioni europee, che dovrebbero agire immediatamente per rimediare. La sentenza oltre a permettere alla Cancelliera Angela Merkel di sedersi ai prossimi tavoli di trattative con una posizione non più discutibile – perché ovviamente sosterrà di non poter andare contro la propria costituzione – mostra la volontà della Germania di non rispettare le regole fondamentali dell’Europa.
Quindi la soluzione più evidente sarebbe quella che la Germania esca dall’U.E. e non rompa più le scatole agli altri Stati membri. Questa la soluzione più facile. L’altra potrebbe essere la creazione di una nuova Unione degli stati dell’Europa del Sud, fra Spagna, Francia, Italia, Grecia, allargata ad altri paesi dell’est che vogliano partecipare sottraendosi al giogo tedesco. E che guardi a un’orizzonte internazionale più ampio, agli Usa, alla Russia, alla Cina, isolando gli egoismi tedeschi e mettendo il Paese teutonico, promotore, non dimentichiamolo delle ultime guerre mondiali, in condizione di non nuocere.
Questa prospettiva non è sicuramente percorribile dall’Italia se restano ancora in sella i vari Mattarella, Prodi, Conte, Zingaretti, ma sarebbe forse possibile dare inizio a un percorso diverso se il timone del Governo, con maggioranze diverse da quella giallorossa, passasse a Mario Draghi, che sarebbe ancor più invogliato a distaccarsi da coloro che hanno sconfessato il suo operato, quale presidente della Bce.