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Pensioni: la perequazione ridotta fino al 2022, quando tornerà fra il 75% e il 100%

Il Ministro Fornero in lacrime annuncia sacrifici per i pensionati

Dal 1° gennaio 2012, con il Decreto legge 201/2011, (c’era ovviamente il governo Monti – Fornero) era stato disposto il blocco dell’indicizzazione nei confronti delle pensioni che erano di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps. Le pensioni di importo inferiore sono state invece adeguate pienamente all’inflazione (+ 2,7% nel 2012 e + 3% nel 2013).

Dal 1° gennaio 2014, la legge 147/2013, ha introdotto un sistema di rivalutazione suddiviso in cinque scaglioni prorogato poi dalla legge 208/2015 sino al 31 dicembre 2018. Per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l’adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 95% dell’adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l’adeguamento è pari al 75%; adeguamento che scende al 50 % per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il minimo e al 45% per i trattamenti superiori a 6 volte il trattamento minimo inps.

Su queste norme si è poi inserita la Sentenza della Corte Costituzionale 70/2015 con la quale la Consulta ha dichiarato incostituzionale il blocco biennale previsto dalla Legge Fornero sui trattamenti superiori a 3 volte il minimo. Per accogliere la censura della Corte l’esecutivo è intervenuto con il decreto legge 65/2015, un provvedimento che tuttavia ha garantito una rivalutazione parziale e retroattiva solo dei trattamenti ricompresi tra 3 e 6 volte il minimo inps lasciando sostanzialmente confermato il blocco biennale sui trattamenti superiori a 6 volte il minimo inps.

Dal 1° gennaio 2019. In via transitoria per il triennio 2019-2021 l’articolo 1, co. 260 della legge 145/2018 (legge di bilancio 2019) ha ulteriormente rivisto il meccanismo di perequazione nella seguente misura: per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l’adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 97% dell’adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l’adeguamento è pari al 77%; adeguamento che scende al 52% per i trattamenti pensionistici tra cinque e sei volte il minimo; al 47% per i trattamenti superiori a 6 volte e sino ad 8 volte il trattamento minimo inps; al 45% per i trattamenti pensionistici tra le 8 e le 9 volte il minimo e al 40% per quelli di importo superiore a 9 volte il minimo Inps.

L’indicato meccanismo è stato nuovamente modificato dall’articolo 1 co. 477 della legge 160/2019 (Legge di bilancio per il 2020) dal 1° gennaio 2020 sino al 31 dicembre 2021. Nello specifico è stato previsto che le fasce di trattamento sino a quattro volte il minimo Inps, dalla predetta data, siano rivalutate nella misura del 100% dell’inflazione anziché nella precedente misura pari al 97% (Cfr Circolare numero 46 del 26-03-2020 ). Dal 1° gennaio 2022, al termine del periodo transitorio, le pensioni torneranno (salvo ulteriori revisioni) ad essere rivalutate con criteri più favorevoli.

Come si nota in passato più volte i trattamenti pensionistici elevati sono stati oggetto di una riduzione delle aliquote di indicizzazione. Basti pensare che già nel 1998 l’articolo 11, comma 13 dell’articolo 59 della legge 449/1997 aveva disposto il congelamento della perequazione sui trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il minimo inps e che, per il biennio successivo, l’indice di perequazione doveva essere applicato nella misura del 30% per le fasce di importo tra le cinque e le otto volte; superato tale limite la perequazione non doveva trovare più applicazione. Analogo blocco fu introdotto per l’anno 2008 della legge 247/07 sulle pensioni superiori a 8 volte il minimo inps. Per il triennio 2008-2010 l’aumento perequativo è stato però garantito in misura piena per le pensioni non superiori a 5 volte il minimo (articolo 5, comma 6 del decreto legge 81/2007).

La rivalutazione effettiva nel 2020
Sulle fasce di rivalutazione sopra esposte bisogna applicare il tasso di inflazione annua. Dalla moltiplicazione del tasso di inflazione per le fasce di rivalutazione si ottiene, pertanto, il tasso effettivo di rivalutazione che ogni anno viene corrisposto negli assegni. L’applicazione della rivalutazione, com’è noto, avviene ad inizio di ogni anno in via provvisoria rispetto all’inflazione dell’anno uscente ed in via definitiva rispetto a quella dell’anno precedente sulla base dei valori indicati in un decreto del ministero dell’economia adottato alla fine di ciascun anno.

Nel 2020 il decreto ministeriale 15 novembre 2019 ha fissato il tasso di inflazione definitivo per il 2019 in misura pari all’1,1% (confermando il tasso previsionale comunicato l’anno precedente) ed ha fissato quello provvisorio, relativo ai primi 9 mesi del 2019, in misura pari allo 0,4%. In definitiva nel 2020 le pensioni cresceranno nelle misure qui stabilite; l’Inps, peraltro, ha provveduto dal mese di aprile 2020 ad effettuare una seconda operazione di rivalutazione in relazione alle classi di assegni interessati dalla revisione delle fasce di perequazione ai sensi della legge 160/2019 (cioè degli assegni compresi tra tre e quattro volte il minimo).


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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