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Gesuiti e migranti: siamo arrivati alla fase della dis-integrazione in Italia

Migranti su un barcone ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA – I gesuiti di Papa Francesco si schierano compatti a favore di migranti, rifugiati, profughi, richiedenti asilo, denunciando le mancanze degli Stati europei e in particolare dell’Italia in tema d’integrazione.

Padre Camillo Ripamonti presidente del Centro Astalli, presentando in videoconferenza i dati del Rapporto annuale su migranti, rifugiati, profughi e richiedenti asilo, lancia il suo anatema: «Stiamo assistendo a una dis-integrazione: davanti a una situazione di precarizzazione, la cosa che manca di più nel nostro Paese è a un lavoro continuo rivolto all’integrazione di queste persone. Le parole integrazione e inclusione sono praticamente sparite dalle agende politiche – accusa il gesuita – e questo ha portato a unadis-integrazione, nel duplice senso di una mancata o di una cattiva integrazione, perché sono mancati i presupposti ideali e adeguati, portando anche a una disintegrazione sociale, a una divisione, a una distruzione del tessuto sociale, che invece va curato e accompagnato per la costruzione di una comunità vitale. L’opposto alla prossimità -sottolinea padre Ripamonti, con un riferimento indiretto alle misure contro il coronavirus – non è il distanziamento sociale ma l’indifferenza».

I dati presentati nel rapporto. Sono state 20 mila -tra rifugiati e richiedenti asilo – le persone incontrate nel 2019 dal Centro Astalli. Di questi, undicimila nella capitale. Nel dettaglio, nel 2019 si segnalano 2.384 accessi agli ambulatori del Centro, si tratta soprattutto di persone arrivate dal Mali e dall’Afghanistan; il 49 per cento senza copertura del Servizio sanitario nazionale. Nel 2019 il Centro Astalli ha provveduto a distribuire 56.475 pasti; ha accolto 835 persone di cui 375 a Roma. I beneficiari dei progetti del Centro Astalli sono stati 1495.

Quanto all’Italia, Padre Ripamonti riconosce che un piccolo passo in avanti recentemente è stato fatto, loda il Governo giallorosso e accusa Salvini: «Il decreto Rilancio aiuta la regolarizzazione per badanti, colf e braccianti: un primo passo, in una direzione che restituisce dignità alle persone, ma che non ci può bastare. Ringraziamo il Governo per questo passo, ma incoraggiamo i ministri a continuare in questa direzione: la legge sull’immigrazione non è al passo con i tempi, osserva il gesuita, esortando a garantire diritti e superare vecchie posizioni ideologiche, che tendono a riemergere. In questi mesi di chiusura per coronavirus, caratterizzati dallo slogan ‘io resto a casa’, è diventato ancora più evidente che nel nostro Paese molte persone una casa non ce l’hanno e tra questi molti migranti che abbiamo reso irregolari nel tempo, con le nostre politiche di esclusione che invece di creare sicurezza creano instabilità sociale. Si tratta di vite precarie, perché abbiamo reso precario l’accesso alla protezione internazionale, un tempo sospeso come accade nei centri di accoglienza straordinaria, in cui sono sparite le spese per l’integrazione: non si insegna più la lingua italiana, non si fanno più corsi di formazione al lavoro. Vite precarie – insiste padre Ripamonti – perché abbiamo reso rigido legalmente e articolato burocraticamente il rinnovo di permesso di soggiorno, che prima era umanitario».

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