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Bonafede prepara la riforma della giustizia e della magistratura, dopo i recenti scandali

Dopo lo scandalo delle intercettazioni emerse nel caso Palamara e l’intreccio perverso che, si evince, da tempo caratterizza il rapporto Pci – Pd con parte della magistratura, perfino il prudente Mattarella ha chiesto interventi legislativi decisi, e la Presidente del Senato Casellati è stata ancor più netta, sollecitando una riforma non all’acqua di rose. Occorre quasi una rivoluzione per mettere i magistrati in condizione di non nuocere e farli tornare ad essere un ordine, come previsto dalla Costituzione, e non un potere al di sopra degli altri, come avvenuto negli ultimi trent’anni.

Le riforme non dovrebbero avere un intento punitivo, anche se parte della magistratura politicizzata e associata proprio questo meriterebbe, ma prevedere misure funzionali a tutelare i magistrati stessi e il funzionamento della giustizia, ma soprattutto a tutelare i cittadini sui tempi e sul merito dei processi.

Con questo spirito il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, reduce dalle violente polemiche che hanno portato anche a una mozione di sfiducia, si appresta a tirare le somme del confronto sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura, con l’obiettivo di portare il testo in Consiglio dei ministri la prossima settimana.

Nella maggioranza il tema e’ stato affrontato in un vertice mercoledi’ scorso, sulla base di alcune linee guida che erano state concordate prima dell’emergenza Covid. E che il ministro conta ora di aprire al contributo delle opposizioni e delle toghe direttamente interessate, per varare un disegno di legge il piu’ condiviso possibile. Fatte salve le incognite legate ai successivi esami parlamentari. Specialmente su una materia diventata incandescente dopo gli ultimi clamori del caso Palamara su cui anche il Quirinale si e’ espresso duramente. Ma soprattutto perché le sinistre hanno tratto dall’azione della magistratura indubbi vantaggi politici e hanno sempre cercato di proteggere la casta. Quanto emerso nelle intercettazioni su Salvini è esemplare di questo stato di cose.

I dettagli del testo sono ancora da definire, ma di sicuro la riforma si articolera’ su tre cardini: criteri oggettivi per
l’assegnazione degli incarichi, secondo meccanismi meritocratici; un sistema elettivo in grado di sottrarre i consiglieri alle logiche correntizie; superamento definitivo delle cosiddette porte girevoli tra politica e magistratura.

A questo riguardo, le misure allo studio prevedono un divieto stringente, da applicare non solo a chi ricopre cariche politiche elettive o di governo, ma anche a livello territoriale, compresi i sindaci dei Comuni con piu’ di 100 mila abitanti. Il nuovo sistema elettorale, invece, dovrebbe portare all’introduzione del doppio turno e del ballottaggio.
Una stretta e’ prevista anche per i magistrati che temporaneamente ricoprono incarichi dirigenziali nei ministeri o presso altre istituzioni, e per gli ex consiglieri del Csm: in sostanza, per evitare che possano trarre vantaggio da queste esperienze, essi non potranno concorrere per incarichi apicali entro un determinato periodo di tempo.

Su queste direttrici il consenso sembrerebbe ampio tra le forze politiche. Le manovre per pilotare le nomine, del resto, le pressioni e gli accordi sottobanco emersi dall’inchiesta di Perugia, sono condannati a livello trasversale. E può darsi che torni in campo anche il contenzioso sulla riforma della prescrizione, in merito al quale Fi ha depositato al Senato alcuni emendamenti sul ripristino del “lodo Annibali” (targato Iv) che punta a bloccare la riforma della prescrizione fin quando non arrivera’ al traguardo la riforma del processo penale.

Ma soprattutto sarebbe essenziale puntare soprattutto su una sostanziale modifica del sistema di reclutamento e di formazione della magistratura. Non è possibile infatti affidare un potere sostanzialmente di vita o di morte a laureati magari bravissimi dal punto di vista dottrinale, ma senza alcuna esperienza di lavoro e di vita vissuta. Molto meglio un concorso di secondo grado, al quale possono essere ammessi laureati con almeno cinque anni di esperienza forense, di pubblica amministrazione, universitaria, che si siano confrontati prima con la realtà della società e non con le sole pandette. Bisognerebbe evitare che i novelli magistrati si sentano investiti subito, vinto un concorso, di una funzione educatrice e moralizzatrice della società, con la benedizione del Capo dello Stato che riceve, dai tempi di Napolitano, in gran spolvero, tutti i vincitori di concorso. Non sono queste le funzioni dei magistrati e non è questo il loro compito, la moralizzazione della società la lascino ad altri, loro sono incaricati di scoprire e reprimere i reati, in nome del popolo italiano, se lo ricordino sempre.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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