Recovery fund: braccio di ferro Italia-Olanda. Consiglio Ue rinviato alle 12 di oggi 19 luglio. Rischio fallimento
BRUXELLES – I leader si riuniranno di nuovo oggi, domenica 19 luglio, a mezzogiorno. Lo scrive il portavoce di Charles Michel su Twitter. Il premier Giuseppe Conte è, come si dice a Firenze, fra l’uscio e il muro: rischia di tornare a mani vuote e di farsi un autogol enorme. Ma anche per l’Europa il braccio di ferro con i frugali del Nord, e la loro vittoria, sarebbe un disastro. Gli euroscettici vincerebbero una grande partita e potrebbero saltare equilibri capaci di esporre tutti i Paesi dell’Unione a contraccolpi mondiali imprevedibili. A parte Germania e Francia, capaci di resistere, tutte le altre nazioni diventerebbero fragili ostaggi dei colossi tipo Usa, Cina e Russia. Ecco perchè Conte, nell’ultimo twitter della difficile giornata a Bruxelles, ha scritto: «Proseguiremo perché dobbiamo fare di tutto per chiudere. Rimandare questa partita non giova a nessuno in Ue». Il Recovery fund potrebbe rivelarsi un fallimento. Per tutti. Nulla di fatto? «Assolutamente sì: la partita è ancora aperta. Ci sono punti specifici su cui stiamo discutendo anche animatamente», aggiunge Conte al termine della seconda giornata di lavori del Consiglio europeo. Il confronto a tratti è anche duro. Infatti prosegue: «Siamo tutti vincitori o siamo tutti sconfitti. Siamo tutti sulla stessa barca, non stiamo aiutando l’Italia ma consentendo a tutti di riparare i danni della pandemia: le economie sono integrate».
Ma questi stessi messaggi, salvo colpi di scena favorevoli di oggi, e per ora imprevisti, mostrano quanto un politico non navigato come Conte possa essere una specie di navicella alle prese con una tempesta perfetta. Olanda e Austria non mollano: non basta loro nemmeno il cosiddetto freno a mano, ossia il diritto di veto all’ultimo momento, dopo aver valutato come verranno impiegato i fondi dai singoli Paesi. Il fatto è che Conte, ma nemmeno i premier di Spagna e Portogallo, sono riusciti a mettere sul piatto della bilancia l’altro grande problema: il regime fiscale favorevole che permette ad Amsterdam e ad altre capitali europee di attirare capitali in concorrenza con l’Italia e altre nazioni dove le tasse si pagano in maniera più pesante. Quando la comunità europea nacque, i leader, soprattutto i democristiani italiani, avevano ben altre spalle e sapevano come incidere.
I fatto è che nemmeno i cosiddetti mediatori, tipo Merkel e Macron, sanno come fare. Non è bastata una conversazione notturna, al bar dell’albergo, a scuotere i frugali. E neanche il vertice mattutino a cinque, presenti Pedro Sanchez e soprattutto Mark Rutte. Giuseppe Conte non è riuscito ad abbattere, nel negoziato europeo, il muro alzato dal primo ministro olandese, spalleggiato dal manipolo di Paesi frugali (Austria, Danimarca, Svezia, più la Finlandia). Non è accettabile che, come Rutte pretende, un singolo Stato abbia il potere di bloccare l’erogazione dei fondi a un Paese che non attui le riforme. Perciò, per evitare che si acceleri verso un’intesa penalizzante l’Italia, Conte ha deciso di mettere sul tavolo tutte le sue armi. Dichiarando di non essere disposto a rinunciare neanche a un euro, perché il negoziato è molto importante per l’interesse degli italiani, ma anche degli europei. E mette in discussione, nel bilancio pluriennale, l’aumento dei rebates, sconti cui L’Aja tiene molto e che nelle ultime proposte di mediazione sono addirittura aumentati. Oltre a lanciare un avvertimento, con un intervento che fonti italiane definiscono molto duro, davanti ai 26 colleghi europei. Compreso il tema del regime fiscale olandese: da lunedì bisognerà occuparsi di chi fa dumping fiscale, come l’Olanda, o surplus commerciali come la Germania. Rutte ha chiesto a Roma la riforma delle pensioni, a partire da quota 100, e del mercato del lavoro. «Noi – ha ribattuto Conte – abbiamo deciso di affrontare, di nostra iniziativa, un percorso di riforme che ci consentano di correre ma pretenderemo una seria politica fiscale comune, per competere ad armi pari». Il Governo italiano ha avanzato una proposta per modificare il meccanismo che può bloccare l’erogazione in fase di attuazione dei fondi del Recovery fund. La proposta, spiegano fonti italiane, prevede che le decisioni vengano prese a maggioranza qualificata e non all’unanimità.