Ripresa, PMI e fondi Ue: Germania, Francia e paesi del Nord si avvantaggiano, l’Italia resta indietro

Man mano che si procede nell’esame della ripresa delle varie economie, anche in conseguenza degli interventi realizzati (pochi) e preannunciati, a larga scadenza, dalla Commissione e dal parlamento Ue, ci si accorge che la germania, seguita dai Paesi del Nord, è la principale beneficiaria, che la Francia profitta degli interventi europei, mentre l’Italia di Giuseppi, nonostante le esultanze che man mano si riducono, risulta quella meno avvantaggiata.
Anche nel settore delle Pmi, l’economia dell’Eurozona si riporta su un sentiero di crescita, trainata dal doppio recupero del settore manifatturiero e dei servizi, dopo lo shock provocato dalla pandemia di Covid-19 in primavera. Lo confermano i dati preliminari degli indici PMI manifatturieri e dei servizi del mese di luglio, che indicano un generale recupero delle aspettative dei direttori acquisto delle aziende sopra la soglia chiave dei 50 punti.
L’Indice PMI manifatturiero, elaborato da IHS Markit, è risalito a 51,1 punti dai 47,4,4 precedenti, risultando superiore ai 50 punti attesi dagli analisti. Recupera anche il PMI dei servizi, attestandosi a 55,1 punti dai 48,3 precedenti, superando i 51 punti del consensus. Di conseguenza il PMI composito si porta a 54,8 punti da 48,5 precedenti (era atteso a 51,1).
Fra le maggiori economie europee, la Germania mostra un miglioramento del PMI manifatturiero a 50 da 45,2, sopra il consensus di 48 e del PMI sevizi a 56,7 da 47,3 (atteso 50,5). In Francia, il PMI manifatturiero si porta a 52,6 da 52,3, pur risultando sotto il consensus di 53,2, ed il PMI servizi a 57,8 da 50,7 (atteso 52,3). L’indice italiano ha registrato a giugno 47.5, e ha segnalato il ventunesimo mese consecutivo di contrazione dello stato di salute del settore manifatturiero italiano, che non beneficia appieno degli interventi europei.
«Le aziende dell’area euro hanno riportato un incoraggiante inizio del terzo trimestre, con la crescita della produzione di luglio al tasso più veloce in poco più di due anni per via dei graduali allentamenti delle restrizioni e della riapertura dell’economia. Anche la domanda ha dato segnali di ripresa, contribuendo a frenare il tasso di disoccupazione», spiega Chris Williamson, Chief Business Economist di IHS Markit.
«La preoccupazione – ammette – riguarda il crollo della ripresa dopo la crescita iniziale. Le aziende continuano a ridurre il loro personale ad un livello allarmante, a questo si aggiungono i timori che la domanda a medio termine sarà insufficiente a sostenere il recente miglioramento della produzione. Nei prossimi mesi sarà dunque necessario che la domanda continui a recuperare terreno, ma la paura è che la crescente disoccupazione, i danni ai bilanci delle aziende e l’attuale distanziamento sociale, probabilmente ostacoleranno la ripresa».
Vedremo se, a partire dal prossimo mese di settembre, le task force, i comitati e le squadre di esperti ministeriali, di enti locali e di politici reclutate da Conte riusciranno a tirarci fuori dal guado, ma, visti i precedenti risultati, ne dubitiamo fortemente. Crediamo piuttosto che si faranno piani indirizzati a privilegiare le clientele del governo giallorosso, in perfetto stile delle sinistre.