Firenze, fase 3: ristoratore si toglie la vita per il mutuo. Lo sgomento (tardivo) di politici e organizzazioni
FIRENZE – Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, altri politici e varie organizzazioni di categoria hanno manifestato, attraverso comunicati, lo sgomento per il suicidio di un ristoratore fiorentino di 44 anni che, in ansia per il mutuo del suo locale, non ha retto alla difficoltà prodotte dal Covid-19, decidendo di togliersi la vita. E’ un bruttissimo risvolto dei disastri post coronavirus. Nessuno, ovviamente, punta personalmente l’indice accusatore su amministratori e politici, però la richiesta di una riflessione profonda, anche su questo caso, bisogna farla: nonostante gli impegni del governo e giù, a cascata, di tutti coloro che si occupano del bene pubblico, significa che ci sono imprenditori lasciati soli. E qualcuno di loro non resiste alla pressione.
E veniamo al fatto: l’imprenditore, 44 anni, aveva acquistato un immobile nella zona di piazza Santa Croce, poco prima della pandemia da coronavirus; la ripresa delle rate del mutuo, che sarebbero ripartite tra qualche giorno, con gli incassi diminuiti a causa della crisi, sarebbe stata per lui un’ossessione. Disperato, l’uomo si è tolto la vita tra il turno del pranzo e quello della cena, sabato scorso 22 agosto. Rimasto solo nel ristorante, ha compiuto l’estremo gesto. A ritrovare il cadavere sono stati i dipendenti. Sul posto è intervenuta una volante della polizia con i sanitari che hanno potuto soltanto constatare il decesso.
«In questo periodo stava lavorando poco, come tutti noi – ha detto un collega ristoratore che ha parlato con la famiglia secondo quanto riferito dalla ‘Nazione’ – Temeva di non riuscire più a pagare, era ossessionato da aver fatto sacrifici inutilmente». Il suicidio ha sconvolto i commercianti del centro storico di Firenze. Non sono pochi coloro che hanno paura di non farcela. Ecco, bisogna che il governo, che si è prodotto in tanti bonus di dubbia utilità (monopattino e vacanze i flop più evidenti, ma ce ne solo molti altri) si renda conto delle difficoltà concrete di tante persone, in particolare piccoli imprenditori, che non urlano, ma sono disperati. E anche le organizzazioni di categoria guardino al loro interno, cercando d’intercettare anche la disperazione: troppo spesso c’è chi si ricorda degli iscritti solo per sollecitare quote o chiedere voti.