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Malagiustizia, prefetto accusato di truffa aggravata assolto dopo due anni perché il fatto non sussiste

I giornali veneti riportano un esempio lampante di malagiustizia dovuta a eccesso di protagonismo di magistrati che costruiscono teoremi roboanti, per colpire personalità eminenti, e vengono poi sconfessati (non lo dico io, lo dicono gli stessi magistrati). Si tratta di un episodio che ha colpito un servitore dello Stato, un prefetto, una persona che ha saputo e potuto difendersi affidandosi, a sue spese, a ottimi avvocati che hanno smantellato le teorie dell’accusa. Ma quante persone meno autorevoli restano vittime di questa malagiustizia imperante, senza che i magistrati responsabili, sconfessati dai loro stessi colleghi, patiscano le conseguenze del loro operato.

Il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto è stato scagionato dopo due anni dalle accuse di concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata (attraverso un’omessa vigilanza) alla turbativa d’asta, truffa aggravata e falsi, relative al centro di accoglienza dei migranti di Gorizia. Ci sono voluti due anni per arrivare al decreto di archiviazione del gip di Gorizia Flavia Mangiante, dopo che nel maggio scorso anche il sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Trieste, Carlo Maria Zampi, aveva chiesto l’archiviazione di ogni reato contestato perché «il fatto non sussiste».

La vicenda risale agli anni in cui Zappalorto era prefetto di Gorizia e si è occupato del Cara e del Cie di Gradisca di Isonzo. L’inchiesta era partita dalla gara da 16,8 milioni di euro con cui la Onlus di Trapani si era aggiudicata la gestione. Il pm di Gorizia era arrivata a disegnare anche un coinvolgimento dell’allora prefetto di Gorizia e di altri funzionari della prefettura, che avrebbero chiuso un occhio su quello che succedeva nei centri (con tanto di sovrafatturazione) e avrebbero portato a una transazione con il Consorzio eccessivamente alta. Ma nulla di tutto questo è risultato veritiero. Nessuna prova è stata trovata, anzi procuratore prima e giudice dopo, hanno evidenziato l’azione di Zappalorto tesa «a risolvere la problematica gestione giungendo alla risoluzione anticipata del contratto tramite una transazione» dopo che lo stesso aveva spinto sui controlli interni che hanno portato a penali consistenti. I vari illeciti — scriveva il procuratore nella richiesta di archiviazione — sono del tutto privi di fondamento». L’intera architettura accusatoria è stata definita «un apodittico e grossolano teorema in base a cui qualunque funzionario della prefettura avesse avuto parte della vicenda, diventava ipso facto un concorrente nei vari reati ».

Parole pesanti che in qualsiasi altro Paese del mondo dovrebbero portare a una pesante penalizzazione economica e di carriera, se non alla radiazione del responsabile. Ma non in Italia dove la casta detta legge e impone la sua volontà alla politica.

Il prefetto Zappalorto, ricoverato in ospedale causa coronavirus, probabilmente anche per la diminuite difese immunitarie dovute a questa deprecabile vicenda, ha dichiarato: «Lo spiega bene il procuratore generale: nel chiedere l’archiviazione (…) riconosce che l’inchiesta è nata all’insegna di congetture più che prove, che non ci sono state per nessuno. E’ nata come un teorema dei finanzieri e del pm di Gorizia, che non sono riusciti a dimostrarlo in nessun modo. Guardi, un prefetto che rappresenta lo Stato, che dovrebbe tutelare la legalità, viene accusato di associazione a delinquere: c’è gente che per molto meno si toglie la vita. E’ un danno tremendo non solo di immagine ma anche morale che mi ha colpito fisicamente. Una grande sofferenza che ha indebolito il mio sistema immunitario e penso che dipenda anche da questo se sono finito in camera di rianimazione. Ho visto la morte in faccia, e il pensiero con il casco respiratore in testa, era di non riuscire a cancellare quel fango che mi avevano gettato addosso».

Parole amare che dovrebbero far riflettere soprattutto politica e magistratura. Gli stessi magistrati dovrebbero isolare e mettere in condizione di non nuocere chi si macchia di queste azioni. Ma crediamo che, come al solito, saranno i cittadini, e non i magistrati responsabili, a pagarne le conseguenze sulla loro pelle. Uno scandalo tutto italiano al quale nessuno ancora ha saputo o potuto porre rimedio.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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