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Firenze, Maggio Musicale: i sindacati contro il ricorso al FIS già in dicembre

FIRENZE – AlMaggio Musicale Fiorentino, dopo aver passato la prima settimana di dicembre in FIS (Fondo di Integrazione Salariale), le masse artistiche da mercoledì scorso stanno provando «Linda di Chamonix» di Gaetano Donizetti, la cui prima sarebbe stata prevista per il 23 dicembre. Non ci sarà nessuna prima in questo mese, naturalmente. Il Sovrintendente Pereira, intervistato da Gregorio Moppi, spiegava su «La Repubblica» di aver messo in prova l’opera (protagonista Jessica Pratt) dal 7 al 20 dicembre per non lasciare inoperosi i lavoratori e per averla pronta quando potrà riprendere l’attività dal vivo, ma che non sono previsti altri spettacoli in streaming dopo l’«Otello» del 30 novembre, a meno che non si faccia avanti qualche sponsor privato per finanziarli.

Dunque dal 21 al 28 dicembre i lavoratori del Maggio vanno in ferie (forzate) e poi dal 29 dicembre al 3 gennaio tornano in FIS (sono già iniziati i rimborsi dei biglietti per il concerto di fine anno). Cosa succederà dopo non è dato sapere. Con una settimana di FIS il teatro dovrebbe risparmiare 220mila-240mila euro di stipendi, naturalmente a danno dei lavoratori. Per la decisione di far ricorso a questo strumento già in dicembre Cgil-Cisl-Uil di categoria e Fials esprimono forte rammarico, annunciando che la contrasteranno in ogni modo legittimo, anche perché è previsto che i lavoratori tornino in FIS per due settimane al mese e fino a quando il pubblico non potrà tornare in teatro. Data la completa incertezza riguardo a quando cadrà questo felice giorno, è evidente che fra i lavoratori del Maggio serpeggi lo scontento (in questo 2020 le settimane di FIS, con conseguente calo delle retribuzioni, sono difatti già state molte).

Spiegano i sindacati nel comunicato stampa diramato stasera, 15 dicembre: «Già abbiamo avuto modo di contestare e argomentare la nostra contrarietà a questa ipotesi durante l’incontro con il Presidente della Fondazione, il Sindaco di Firenze Dario Nardella, e la Direzione della Fondazione che si è tenuto in modalità telematica il 2 dicembre u.s. Tale decisione, giustificata con la difficoltà di sostenere economicamente una programmazione che non preveda la possibilità di una presenza di pubblico di almeno 700/800 spettatori, si traduce per i lavoratori nella certezza di una pesante decurtazione salariale che presumibilmente li condizionerà, ad essere ottimisti, per i prossimi sei mesi. E nell’impossibilità per tutta la comunità di avere viva e alimentata quella indispensabile funzione sociale di promozione e diffusione di cultura che il teatro musicale svolge e deve svolgere pur in un momento di grande difficoltà. Funzione per la quale sono impiegate appositamente e giustamente ingenti risorse pubbliche. Molte altre Fondazioni lirico sinfoniche, pur condividendo le stesse limitazioni operative, stanno comunque proseguendo la propria attività con una riprogrammazione compatibile alle condizioni date e, nel farlo, ricorrono allo strumento della diffusione radio/televisiva e allo streaming. A nostro avviso e per nostra esperienza e competenza, la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino è, al pari delle altre Fondazioni, nelle condizioni di potere realizzare un progetto di diffusione di spettacoli in streaming pressoché esclusivamente con risorse materiali e professionali proprie, quindi a costi irrisori. Pertanto hanno chiesto e chiedono alla Direzione della Fondazione, al Presidente e a tutto il Consiglio di indirizzo di procedere ad una tempestiva riprogrammazione delle attività produttive che tengano conto della situazione attuale, quantomeno quale ipotesi di riserva nel caso si protraessero condizioni sfavorevoli alla riapertura al pubblico dei Teatri, che utilizzi gli strumenti di comunicazione sopra menzionati (trasmissioni radio/televisive, streaming…) e scongiuri in modo netto l’ipotesi di una cessazione o una interruzione dell’attività del Teatro e, parallelamente, la discontinuità lavorativa per i suoi dipendenti. È innegabile che da parte dei lavoratori del Teatro, in questi mesi e in questi anni, non sia mai venuta meno la disponibilità ad affrontare le diverse difficoltà con grande senso di responsabilità, nonostante i mancati rinnovi contrattuali che si protraggono da quasi 20 anni e le pesanti penalizzazioni economiche subite dal periodo del commissariamento del 2013. Nella malaugurata ipotesi che la dirigenza della Fondazione persistesse nella conferma della decisione gestionale e produttiva annunciata, e quindi si accingesse a mettere i propri dipendenti in cassa integrazione per due settimane al mese per i prossimi mesi, le scriventi Organizzazioni Sindacali non avrebbero altra scelta se non quella di contrastare in ogni modo legittimamente consentito – nessuno escluso – tale infelice determinazione».

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