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Governo: grillini-Renzi, partita a scacchi. L’alleanza progressista appesa all’Udc

Giuseppe Conte

ROMA – Arriverà un Conte Ter? Il pallino, strano ma vero, è nelle stesse mani di colui che fece nascere il Conte 2: Matteo Renzi. Che a parole viene respinto come la peste da grillini e Pd, ma che nei fatti non può essere considerato fuori dai giochi. Perchè senza il suo partitino del 2-3 per cento, Italia Viva, la maggioranza – quell’alleanza progressista che sembrava l’embrione di una nuova storia politica – non ha i numeri. Comunque la si giri. L’alleanza progressista (Pd, M5S, Leu) senza Italia Viva deve rincorrere l’Udc per stare in piedi. Assurdo? Di Maio vuole spaventare i possibili «costruttori», quindi anche l’Udc, invocando le urne, e facendo credere che se non ci sarà sostegno a un Conte Ter si dovrà andare a votare. Con immediato ritorno a casa di decine di deputati e senatori che non hanno grandi prospettive di essere rieletti. Voto che, invece, è il cavallo di battaglia del Centrodestra, confortato dai sondaggi che lo danno vincente, nelle urne, fino alla maggioranza assoluta. Intanto Renzi, che è molto versato negli scacchi della politica, sa che, per la stessa paura di perdere scranno e prebenda, saranno gli stessi grillini che faranno di tutto per non uccidere anzitempo questa legislatura. Come finirà cominceremo a capirlo da domani, con le consultazioni del Presidente della Repubblica. Che stavolta ha margini stretti. Perchè non può far nascere un nuovo governo su una maggioranza raccogliticcia, che si fonda su costruttori, o responsabili, ossia quelli che i grillini duri e puri chiamavano voltagabbana. Un governo con gravi responsabilità, come quella di gestire il Recovery Plan, può avere le sue basi su un’armata Brancaleone? Sarà il tempo a rispondere alla domandona. Intanto rifacciamo la storia del Conte 2 partendo dagli ultimi accadimenti. Ho criticato Conte per l’incapacità di risolvere i problemi veri del Paese. E sono arrivato a indignarmi per qualcosa che, agli occhi dei radical chic, può apparire problema minore, ma che, invece, ha toccato le corde della passione di chi vive anche di cose semplici e coinvolgenti: come lo sport. L’Italia ha rischiato di non poter partecipare alle Olimpiadi con la bandiera e l’inno di Mameli. Per mesi, il governo ha fatto finta di nulla davanti alle grida d’allarme del Coni e alle ammonizioni, solo sussurrate, del Comitato Olimpico Internazionale. Si dice che i grillini volessero impadronirsi anche del mondo sportivo, senza tenere conto, o forse senza sapere, che non si può. La Carta Olimpica non permette ai governi, e ai politici in genere, d’interferire. Il professor Conte, che aveva per la testa la conservazione della sua poltrona, si è alla fine deciso a firmare il decreto che ha evitato l’esclusione dell’Italia da Olimpia, apparentemente con fastidio.E proprio cone ultimo atto del seo secondo govenro. Che è stato il sessantaseiesimo della Repubblica.

PANDEMIA – E’ stato, soprattutto, il governo della pandemia Covid-19. Dopo quasi 17 mesi si chiude il sipario sul Conte II e su un esecutivo che, nella strategia dell’ex presidente del Consiglio, del Pd e anche di buona parte del M5S, doveva essere l’embrione di una nuova alleanza progressista ed europeista. Ad abbatterlo, tuttavia, non è stato il Covid ma Matteo Renzi, ovvero l’uomo che primo, nell’estate del Papeete, aveva dato il là ad un esecutivo M5S-Pd. Pochi giorno dopo il giuramento, tuttavia, Renzi abbandonava i Dem e forma Iv. 5 settembre: Conte giura, al Quirinale, da presidente del Consiglio. Il 9 settembre l’esecutivo incassa la fiducia del Parlamento. 16 settembre. Renzi annuncia la sua uscita dal Pd. In pochi giorni nasce Italia Viva. L’ex premier assicura il sostegno al governo, nel quale mantiene tre membri: le ministre Teresa Bellanova e Elena Bonetti e il sottosegretario Ivan Scalfarotto. Autunno 2019. E’ segnato dalle sfide economiche per il Conte II: dal dossier ArcelorMittal al tema della revoca di Autostrade ai Benetton, dove è scontro tra M5S e Iv. Alla vigilia di Natale, dopo una turbolenta discussione parlamentare arriva il via libera alla legge di bilancio. Fioramonti. Le dimissioni di Luciano Fioramonti dal Miur, annunciate il giorno di Natale, innescano la primi mini-crisi del governo.

UNIVERSITA ‘ -Nella conferenza stampa di fine anno Conte annuncia lo spacchettamento del ministero: all’Università e Ricerca va Gaetano Mandredi, tecnico di area Pd; alla Scuola la 5 Stelle Lucia Azzolina. L’arrivo del virus. Il 30 gennaio vengono individuati a Roma i primi due casi di coronavirus: sono due cinesi di Wuhan. Il governo decreta lo stato di emergenza e chiude ai voli dalla Cina. Il 20 febbraio emergono, a Codogno, i primi casi di nazionalità italiana di Covid-19. Il governo, l’8 marzo determina la prima zona rossa: è la Lombardia. Il lockdown. Il 9 marzo, con il decreto “Io resto a casa”, in una conferenza stampa serale trasmessa sui principali canali tv nazionali Conte annuncia il lockdown in Italia. La misura, nelle settimane successive, viene inasprita con più Dpcm. Il 4 maggio, riaprono le prime attività produttive. I contagi calano e si apre un’estate dove la polemica politica è tutta incentrata su due nodi: quello della scuola e quello dei contagi al Billionaire.

RECOVERY – Next Generation Ue. Con il via libera a maggio del Recovery Fund europeo Conte vara la fase 3. A Giugno, a Villa Pamphilij, si tengono gli Stati Generali dell’Economia, chiamati a discutere del piano Colao per la ripresa post-virus. Il 21 luglio il Consiglio Ue dà l’ok definitivo al Next Generation Ue. Ma le tensioni tra l’Italia e i Paesi frugali si protrarranno per i mesi successivi. Referendum. Il 21 settembre vince nettamente il Sì (con il 69,96%) al taglio dei parlamentari, storica battaglia M5S. Seconda ondata. La carica del virus torna dalla fine di settembre ma questa volte la strategia di Conte è diversa: nessun lockdown generalizzato ma chiusure a fisarmonica, a seconda del livello regionali di rischio. «Non possiamo permetterci economicamente e socialmente un nuovo lockdown», è il mantra del governo. Crescono, anche sulle restrizioni, le tensioni interne alla maggioranza già innescate in estate da Iv sulla mozione di sfiducia nei confronti di Alfonso Bonafede. Lo strappo di Iv. E’ una sera di inizio di dicembre quando la delegazione dei renziani, una volta ricevuta a notte fonda, è la loro critica, il Recovery Plan italiano, strappa con la maggioranza. L’ok al testo slitta e da lì in poi Matteo Renzi alza il tiro delle richieste fino al ritiro, con annuncio in conferenza stampa, il 13 dall’esecutivo delle 2 ministre e del sottosegretario. Lo scontro tra i due si materializza il 19 gennaio in Senato. Il premier ottiene una fiducia relativa con 156 voti a favore, Iv si astiene. Conte sale al Quirinale e chiede tempo per formare un nuovo gruppo di costruttori. Fino alle dimissioni del 26 gennaio. E alla pagina bianca che sarà scritta da domani, mercoledì 27 gennaio, con l’apertura delle consultazioni al Quirinale.


Sandro Bennucci

Direttore del Firenze PostScrivi al Direttore

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