Anno giudiziario 2021, Nencini: «Con Covid una nuova giustizia». Viola : «Cresciute le violenze in famiglia»
FIRENZE – «La scelta era fra chiudere e soccombere o inventarci un nuovo sistema, nuove procedure, una vita giudiziaria nuova durante il Covid». Lo ha detto, non senza enfasi, Alessandro Nencini, presidente vicario della Corte d’Appello di Firenze nella cerimonia, in remoto, dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021. Con la pandemia da Coronavirus, soprattutto per quanto riguarda i processi penali, ha sottolineato Nencini, si doveva scegliere se arrendersi o inventare una vita giudiziaria diversa. Sia Nencini che tutti coloro che sono intervenuti nella cerimonia, hanno rivolto un saluto e un ringraziamento alla dottoressa Margherita Cassano, fino a luglio presidente della Corte d’Appello di Firenze, poi nominata presidente aggiunto della Corte di Cassazione.
Ancora Nencini: «Sono state necessarie energie non solo umane e professionali ma anche istituzionali, che potessero supportare i dirigenti degli uffici in questa attività di riorganizzazione integrale. Se con l’emergenza Covid il processo civile ha sofferto di problematiche esclusivamente tecniche relative all’inadeguatezza dei mezzi di supporto, diverso è stato il discorso per il processo penale. Quello penale – ha precisato Nencini, è un processo pensato come esclusivamente in presenza, ci si è trovati dall’oggi al domani alla necessità di reinventarsi un processo a distanza che non esiste nelle norme del codice. C’è stato – ha aggiunto – uno sforzo senza precedenti che io non avevo mai visto e che ha consentito al sistema di sopravvivere ma anche di funzionare con una resa di giustizia che sulla base dei dati in nostro possesso ha consentito di contenere in percentuali del tutto accettabili la flessione del servizio giustizia. I capi degli uffici giudiziari – ha aggiunto ancora Nencini – in questa emergenza si sono trovati a fianco, nella concretezza delle decisioni quotidiane, il ministero. Ringrazio il personale amministrativo e colleghi tutti – ha affermato ancora -, che quest’anno hanno speso nell’attività giurisdizionale le migliori energie».
Il procuratore generale, Marcello Viola, ha posto l’accento sui reati registrati durante il lockdown. Ha detto: «La generale riduzione dei reati, segnatamente nel primo semestre del 2020, in diretta conseguenza delle limitazioni agli spostamenti imposte dal lockdown, riguarda soprattutto i reati predatori, in particolare rapine e furti in abitazione, e quelle altre categorie criminose su cui ha ovviamente influito la restrizione alla libertà di circolazione. Specularmente, non è un caso che siano sensibilmente aumentate le iscrizioni per i fatti di violenza intrafamiliare e, in particolare, per il delitto di maltrattamenti, in conseguenza dell’adozione delle misure normative miranti a prevenire il rischio di contagio da Covid che hanno però costretto dentro le mura domestiche – luogo di più frequente consumazione di siffatti delitti – vittime e carnefici, creando un regime di convivenza forzata, di isolamento e di illecito controllo».
Ma c’è stato un altro allarme provocato dal Lockdown, ossia l’aumento dell’infiltrazione mafiosa. «Numerose indagini hanno disvelato l’esistenza sul territorio di meccanismi di infiltrazione delle diverse mafie, altrettanto pervasive del virus, nei circuiti dell’economia legale e nel tessuto dell’economia locale, con molteplici e diversificati investimenti – ha continuato il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola – la straordinaria liquidità di cui dispongono le associazioni criminali, il cosiddetto dark money, frutto degli immensi guadagni derivanti dalle loro attività illecite, prima fra tutte il traffico di stupefacenti, consente loro, erodendo il tessuto economico sano, di potersi accaparrare numerose attività economiche legali in crisi di liquidità che, in una situazione di corrispondente crisi dei consumi, diventano facile obiettivo delle cosche – ha spiegato l’alto magistrato – E, in assenza di adeguate misure di sostegno e della tutela proveniente dalla disponibilità di capitali legali, è facile prevedere, soprattutto nelle fasce sociali più aggredite dalla crisi, l’inevitabile consegnarsi a forme di welfare mafioso, ad una vera e propria economia criminale di sussistenza, disponibile ad accettare flussi economici mirati ad inserirsi in attività imprenditoriali in difficoltà».