Governo Draghi: i posti di sottosegretario nel mirino dei partiti. Crimi vuole l’Editoria
ROMA – Si annunciano momenti difficili per i giornalisti: Vito Crimi, capo politico dei 5 Stelle, vorrebbe la poltrona di sottosegretario all’Editoria. L’augurio è che Draghi non lo accontenti, considerati i precedenti. Soprattutto per la voglia di rivalsa grillina sulla categoria che, nel novembre 2018, fu costretta a scendere in piazza proprio per difendersi dagli attacchi al mondo dell’informazione scatenati dal primo governo Conte, senza che la Lega riuscisse ad arginare gli scatenati alleati. L’obiettivo grillino era quello di arrivare all’abolizione dell’Ordine e non soccorrere l’Istituto di previdenza, l’Inpgi, messo male soprattutto per via delle migliaia e migliaia di prepensionamenti pretesi, per decenni, dagli editori con la complicità dei vari governi. Ma Crimi preme per avere l’Editoria, poltrona capace di offrire molta visibilità, anche per cercare di placare, con una delega pesante i mal di pancia del Movimento. Che è in subbuglio, con una pattuglia di parlamentari pronti a non votare la fiducia per la scelta di ministri (D’Incà e Dadone sono vicini a Fico) che non rispecchierebbero del tutto gli equilibri interni e non avrebbero più, come con Conte, deleghe pesanti, al netto del ministero degli Esteri. Ma la caccia ai posti di sottosegretario è aperta anche negli altri schieramenti. Malcontento serpeggia nel centrodestra, dove sono stati premiati i moderati e penalizzati i più sovranisti.
FIGURE TECNICHE – Se il Pd può contare su tre ministeri di peso e Leu sulla Salute, Iv è stata molto ridimensionata, con la sola delega alla Famiglia. Ecco perché già si affacciano appetiti per le prossime nomine di viceministri e sottosegretari. Draghi, che nel pomeriggio di sabato ha lavora a Palazzo Chigi con il sottosegretario Roberto Garofoli, ma senza un proprio staff, avrebbe già aperto il dossier, per chiuderlo in tempi rapidi. Lo schema dovrebbe essere ancora quello del Cdm: alcune figure tecniche con deleghe delicate (non si escludono altri tecnici, come Ernesto Ruffini all’Economia) e altre politiche. Non ci sarà una compensazione numerica tra i partiti, ma alcune deleghe più pesanti potrebbero arrivare per chi, come Fi, ha avuto solo ministeri senza portafoglio. La Lega, rappresentata da Giancarlo Giorgetti, il suo fedelissimo Massimo Garavaglia e la veneta Erika Stefani, avrebbe chiesto più peso, con sottosegretari vicini a Salvini e deleghe importanti, considerando Giorgetti in quota Draghi. Come segretario generale di Palazzo Chigi potrebbe arrivare un grand commis di esperienza o un giovane consigliere di Stato.
BOCCHE CUCITE – Intanto Mario Draghi ha indicato ai ventitre ministri, riuniti per la prima volta attorno al tavolo del Cdm, il compito improbo che li attende. Nel giorno del giuramento, mentre i leader europei plaudono al nuovo governo, il presidente del Consiglio non tradisce il suo stile e non rilascia dichiarazioni pubbliche ma parla ai ministri, che vengono da storie politiche e personali ma anche da esperienze diverse: è un invito alla coesione, a lavorare insieme mettendo i bisogni di un Paese in forte difficoltà, davanti agli interessi di parte. Draghi ha chiesto ai ministri, nel solco einaudiano, di comunicare poco e far parlare i fatti, di fronte ci sono non solo le aspettative dei cittadini ma anche le sensibilità di una maggioranza larghissima, solcata da profonde divergenze e da diversi malcontenti, dopo l’annuncio della squadra. Il giuramento al Quirinale senza parenti, con mascherine e distanziamento anche nella foto di rito con il presidente Sergio Mattarella, il cortese passaggio della campanella da Giuseppe Conte con disinfettante per le mani, i pannelli di plexiglas che separano i ministri in Cdm: tutto nel segno dell’eccezionalità. Eccezionali i tempi, inedita la maggioranza, che va dalla sinistra alla Lega. Ai ministri il premier, che al primo giorno a Palazzo Chigi fa segnare sempre qualche minuto d’anticipo sui tempi fissati dal cerimoniale, fa gli auguri di buon lavoro e indica uno dei tratti che saranno fondamentali nell’azione dell’esecutivo.
AMBIENTALISTI – «Il nostro sarà un governo ambientalista, qualsiasi cosa faremo, a iniziare dalla creazione di posti di lavoro, terrà conto della sensibilità ambientale», ha dichiarato Draghi. In Consiglio è stata avviata la discussione sul nuovo ministero della Transizione ecologica, che dovrà essere disegnato con una legge, forse un decreto: al nuovo ministro Roberto Cingolani farà capo un comitato interministeriale di coordinamento, che potrebbe essere il cuore pulsante dell’azione sul Recovery plan. Mercoledì il governo Draghi si presenterà in Senato per la fiducia, giovedì è previsto il dibattito alla Camera. Nel giorno del giuramento sono arrivati gli auguri dei leader stranieri e in particolare dalle istituzioni e dalle cancellerie europee: lavoriamo insieme per un’Europa più forte, per un nuovo multilateralismo, per il futuro dei giovani, hanno detto all’unisono Angela Merkel ed Emmanuel Macron. E’ il segno, ha osservato chi ha avuto modo di sentire il premier, che è ampiamente condiviso l’altro pilastro dell’azione del nuovo governo, ossia lavorare insieme ai partner europei per un’Unione europea ambiziosa – Draghi la vorrebbe sempre più integrata – per puntare a una ripresa comune. Per far marciare l’esecutivo in modo che affronti in tempi rapidi l’impresa del Recovery e insieme i grandi capitoli della crisi, dai vaccini al lavoro, serve però una maggioranza non litigiosa. Un obiettivo difficile, visti i nervosismi della prima ora. E che potrebbero acuirsi non appena sarà ufficializzato l’attesissimo elenco di sottosegretari e viceministri.