Previdenza e assistenza, per l’equilibrio è necessaria una separazione
Torna in ballo, nei momenti di difficoltà economica come questo, l’eterno problema del rapporto fra previdenza e assistenza, che costituisce uno dei temi affrontati dall’ottavo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. In Italia servirebbe, e lo si dice da tanto, un’adeguata separazione tra previdenza e assistenza. La spesa per le pensioni nel paese si conferma sotto controllo, pur a fronte di una crescita del numero dei pensionati, mentre la spesa assistenziale cresce a ritmi difficilmente sostenibili in futuro. Vediamo con precisione i numeri.
Nel 2019, la spesa previdenziale ha raggiunto i 230,3 miliardi di euro, il 12,88% del PIL, un dato in linea con la media Eurostat. Rispetto all’anno precedente (quando si era attestata a 225,59 miliardi), c’è stato un aumento di 4,6 miliardi. Le entrate contributive 2019 sono state pari a 209,4 miliardi, +2,29% sul 2018, portando il saldo negativo tra entrate e uscite a 20,86 miliardi, riportandosi sui livelli del 2012. Pesa sul disavanzo soprattutto la gestione dei dipendenti pubblici che evidenzia un passivo di oltre 33 miliardi, parzialmente compensato dall’attivo di 6,3 miliardi delle gestioni dei lavoratori dipendenti privati e dai 7,4 miliardi di quella dei parasubordinati. Un dato positivo riguarda il rapporto fra pensionati e lavoratori attivi, che è il migliore degli ultimi 23 anni, pari a 1,4578, un valore molto prossimo a quell’1,5 che potrebbe garantire la sostenibilità di medio-lungo periodo del sistema.
Nel 2019, l’insieme delle sole prestazioni assistenziali (invalidi civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra) ha toccato quota 4 milioni 177mila 011, quasi 56mila prestazioni in più rispetto al 2018, per un costo complessivo di 22,835 miliardi, importo in costante aumento negli ultimi otto anni. I beneficiari di prestazioni totalmente o parzialmente assistite sono, senza considerare le quattordicesime mensilità, 8 milioni 137mila 540 e, al netto delle duplicazioni relative ai soggetti contemporaneamente percettori di pensioni di invalidità civile e indennità di accompagnamento, 7 milioni 728mila 678, vale a dire il 48,2% dei pensionati totali.
Il reddito pensionistico medio pro-capite risulta pari a 18mila 765 euro annui lordi (15.mil 404 euro annui netti), 1.185 euro netti al mese. Le donne rappresentano il 51,9% dei pensionati, ma percepiscono il 43,9% dell’importo lordo complessivamente erogato, con un reddito pensionistico medio pari a 15mila 857 euro, che nel caso degli uomini sale invece a 21mila 906 euro. Un gender gap che, in realtà, sottolinea il report, non è attribuibile al sistema previdenziale, ma alla situazione sul mercato del lavoro.
Dunque, mentre per il settore pensionistico le prospettive non sono negative, non altrettanto si può dire per quello assistenziale, sempre in maggiore espansione. Il governo presieduto da Draghi dovrà limitare le spinte delle sinistre e del M5S verso un allargamento dell’assistenza facile. Il premier ha già anticipato di voler privilegiare la spesa buona ai danni di quella cattiva, ma temiamo che la compagine eterogenea che Mattarella ha affidato alle sue cure difficilmente glielo consentirà. E ancora una volta verrà fuori una soluzione di compromesso, con danne evidenti per le casse pubbliche.