Prefetti francesi scrivono a Macron, non sopprima il corps préfectoral
PARIGI – Dopo che il presidente Macron ha annunciato l’intenzione di sopprimere lo statuto particolare del corps préfectoral in Francia, gli interessati ovviamente reagiscono. Il giornale Le Monde di sabato 22 maggio 2021, in un articolo a firma di Bernard Paul e Bur Dominique, pubblica una lettera appello firmata da 50 prefetti onorari francesi, fra i più illustri del corpo prefettizio, che chiedono: «Signor Presidente, preservi il corpo prefettizio, pilastro della Repubblica». Ecco il testo della lettera-appello, pubblicato dal giornale parigino:
Condividendo l’intenzione di Emmanuel Macron di modernizzare il servizio civile di alto livello, un nutrito gruppo di quasi 50 prefetti onorari lo invita a non abolire un’istituzione che rappresenta lo Stato nel territorio.
« Signor Presidente della Repubblica, nel suo discorso dell’8 aprile che annuncia la riforma dell’Alto Servizio Civile dello Stato, Lei ha detto: “Dobbiamo e credo che sia compito della nostra generazione, costruire il servizio pubblico che corrisponda al secolo che stiamo vivendo”. La riforma, crediamo sia necessaria. La nostra amministrazione ha urgente bisogno di ammodernamento. Ma come sostenere che questa modernizzazione passi attraverso l’abolizione del corpo prefettizio? Istituzione più che bicentenaria, creata da Bonaparte e consolidata dal generale de Gaulle nella Costituzione del 1958, l’organo prefettizio è per i francesi il simbolo dello Stato nei territori. Questo organismo ha saputo evolversi e adattarsi alla realtà come nessun altro durante la storia del nostro Paese. Si condivide la Sua intenzione di ammodernamento del servizio pubblico, aperto a membri di altri organi dello Stato, civili o militari, ma si teme che l’abolizione degli organici dei di prefetti e sottoprefetti modifichi profondamente le condizioni di esercizio delle nostre missioni e alteri la capacità di azione del governo. Per l’istituzione prefettizia, come per il corpo diplomatico, non si tratta solo di rappresentare lo Stato o la Francia, ma di agire per loro conto, come disse Claude Erignac [assassinato ad Ajaccio il 6 febbraio 1998]: discussione, decisione e azione costituiscono la nostra vita quotidiana.
Tali mission non possono essere affidate indiscriminatamente a dirigenti di alto livello, anche a quelli scelti con cura. Sono propri di un’istituzione governata da principi e regole di comportamento, che sono vincolanti per tutti i suoi membri nell’interesse del bene pubblico, dell’imparzialità, della lealtà e del rispetto dei valori repubblicani, come ha dimostrato Maurice Grimaud nel maggio 1968. Essere un prefetto è una professione e richiede una vera vocazione al servizio dell’interesse generale. Rendere aperta a tutti questa professione significa porre in dubbio la qualità degli incarichi non solo basati sul merito e sull’esperienza ma motivati dal favore politico. Chi crederà che solo sopprimendo l’organo prefettizio rassicureremo i nostri concittadini preoccupati per l’aumento della violenza e la perdita del senso dell’autorità? Le chiediamo, Signor Presidente della Repubblica, di preservare questa istituzione al servizio dello Stato e dell’interesse generale, di mantenere questo pilastro della Repubblica. Le chiediamo di accettare, Signor Presidente della Repubblica, l’espressione della nostra più alta considerazione.
Primi firmatari: Paul Bernard, prefetto regionale onorario, presidente onorario dell’Associazione del corpo prefettizio e alti funzionari del Ministero dell’Interno; Dominique Bur, prefetto regionale onorario, ex direttore generale delle collettività locali; Didier Cultiaux, prefetto regionale onorario, ex direttore generale della polizia nazionale; Nicole Klein, Prefetto regionale onorario; Bernadette Malgorn, Prefetto regionale onorario, già Segretario generale del Ministero dell’Interno; Cyrille Schott, prefetto regionale onorario, ex consigliere del Presidente della Repubblica.
Credo che gli autorevolissimi colleghi abbiano perfettamente ragione, Macron ha preso un bel granchio ed è ragionevole invitarlo a fare marcia indietro con argomenti inconfutabili come hanno fatto i 50 colleghi transalpini. Nell’interesse non soltanto loro, ma della Francia, della pubblica amministrazione e della democrazia,