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Appalti: via il massimo ribasso. Mediazione di Draghi. Tensione con i sindacati sullo sblocco dei licenziamenti

Cabina Di Regia Palazzo Chigi
La cabina di regia a Palazzo Chigi (Foto Ufficio stampa Presidenza del consiglio)

ROMA – Non salta il codice sugli appalti. Draghi media e vengono abrogate le norme sul massimo ribasso: ossia un compromesso che mette d’accordo centrodestra (che vorrebbe superare il codice degli appalti) e centrosinistra (che non vuole smantellare le regole attualmente più vincolanti). Così come resiste, Draghi, all’assalto dei sindacati che vogliono mantenere il blocco dei licenziamenti. Spiega che la soluzione più avanzata possibile è lo stop fino a dicembre per chi chieda la cig. E’ stato un lungo lavoro, quello del premier, mirato ad allargare le maglie dei subappalti, tutelando i lavoratori e la legalità. Draghi si è dato un obiettivo: portare in Consiglio dei ministri le misure per le semplificazioni e sulla governance del Recovery plan. Bisogna far presto, chiudere il decreto in Cdm nelle prossime ore, o si rischia di perdere la prima tranche di 27 miliardi che potrebbe arrivare da Bruxelles a luglio.

LICENZIAMENTI – Strada in salita, anche per un uomo dotato di carisma come Draghi: che deve fare i conti con il muro di Pd e Leu sul tema degli appalti. I ministri Andrea Orlando e Roberto Speranza chiedono e ottengono un tavolo con i sindacati prima del varo del decreto. Il tentativo dei partiti della sinistra, alla vigilia di una manifestazione di Cgil, Cisl e Uil, è evitare di allargare ancora le distanze, dopo lo strappo sul tema dei licenziamenti. Prorogare il blocco, come chiedono i sindacati? Draghi non concede aperture e i leader confederali non depongono le armi. E’ il giorno in cui la ratifica di tutti gli Stati membri dà il via libera finale alla raccolta di fondi europei per i piani di rilancio nazionali. E un imperativo categorico guida le scelte del governo nel decreto Recovery, un maxi provvedimento di oltre 60 articoli atteso in Cdm entro la serata di venerdì: «I fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) vanno spesi necessariamente entro il 2026 e per essere sicuri che questo avvenga in Italia c’è molto da cambiare». Draghi lo spiega ai rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil che convoca a Palazzo Chigi nel pomeriggio, ma anche ai ministri riuniti in mattinata nella cabina di regia. L’idea è porre i pilastri dell’attuazione del Pnrr con il decreto su governance e semplificazioni e un altro decreto sulle assunzioni nella P.a. legate al Recovery, atteso in Cdm la prossima settimana, non prima di un confronto tra il ministro Renato Brunetta e i sindacati. Il primo decreto va chiuso entro la fine di maggio, se non si vuole perdere la tranche iniziale di fondi.

SUBAPPALTI – Non è sufficiente una giornata di riunioni. Serve un tavolo tecnico, in serata, per sciogliere gli ultimi nodi. Bisogna pesare le pressioni opposte di Matteo Salvini, che vorrebbe superare il codice degli appalti, e del centrosinistra, che chiede di non smantellare del tutto le attuali regole. Il punto che mette d’accordo tutti è lo stop alle gare con massimo ribasso, che comparivano nelle prime bozze del decreto semplificazioni. Una novità dell’ultima ora è l’introduzione dell’appalto integrato. E un passaggio che piace ai sindacati è l’intenzione di ridurre di molto le stazioni appaltanti («Sono 39mila, mentre in Germania 3mila», si indigna Maurizio Landini) migliorando la qualità del processo di investimento. Sul tema dei subappalti, invece, Draghi indica l’esigenza di conciliare la normativa europea che li ha di fatto liberalizzati (nella prima bozza del decreto non comparivano soglie) e con la massima tutela del lavoro e della legalità. Ai sindacati che gli sollevano il problema delle condizioni di lavoro spesso sfavorevoli dei dipendenti delle ditte subappaltanti, il premier risponde che questa è una premura innanzitutto del governo. L’idea di partenza è prorogare almeno fino al 2023 la soglia, prevista dal decreto semplificazioni del governo Conte, del 40% per i subappalti.

SINDACATI – Vogliono prorogare il blocco dei licenziamenti, i sindacati. Draghi taglia corto: dice che il tema non è all’ordine del giorno. E spiega che tra le pochissime cose che può decidere il premier ci sono quelle all’ordine del giorno della discussione. Ma i segretari insistono. E Draghi spiega che la norma del decreto Sostegni bis, con stop ai licenziamenti fino a dicembre per chi chieda la cig, è la soluzione più avanzata possibile. «Non sono della vostra idea, ma siamo pronti al confronto». l tentativo, al taglio tecnico, è alzare quella soglia (si ipotizza al 60%) o addirittura superarla, accompagnando la misura con tutele per i lavoratori o modulando l’intervento con il rinvio di una parte della riforma alla delega sugli appalti prevista in un secondo momento. Anche sulla governance del Recovery governo e sindacati fanno un passo avanti: è prevista un coinvolgimento delle parti sociali nella cabina di regia, ma Cgil, Cisl e Uil chiedono un confronto più costante. Mentre sul tema del lavoro la tensione resta alta. Landini, Pierpaolo Bombardieri (Uil), Ignazio Ganga (Cisl) colgono la convocazione a Palazzo Chigi come occasione per tornare ad avanzare la richiesta di proroga del blocco dei licenziamenti. Nelle prossime ore saranno in piazza minacciando lo sciopero generale.


Bennucci

Sandro Bennucci

Direttore del Firenze PostScrivi al Direttore

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