Rave party, gli organizzatori non rischiano gravi sanzioni, lo ha già deciso in passato la Corte di cassazione
ROMA – Gli organizzatori di rave party non sono responsabili per il solo fatto dell’organizzazione, ma solo dei reati che derivano direttamente dal loro operato, quindi praticamente à difficile incastrarli. Questa una sentenza passata della Suprema Corte di Cassazione, che fa giurisprudenza ancor oggi ed è riferibile al caso del rave party viterbese che tante polemiche continua a suscitare per la mala gestione della Autorità, comprese (soprattutto) quelle centrali. . Gli ermellini non si smentiscono mai e tirano fuori sentenze che forse dal punto di vista della forbita logica giuridica sono da manuale, ma cozzano con la realtà dei fatti, soprattutto in questi momenti.
In base a una recente sentenza della Corte Suprema gli organizzatori di simili eventi rischiano poco o nulla per questo solo fatto, ma potrebbero essere accusati di altri reati, dall’occupazione abusiva al danneggiamento. E ancora potrebbero essere sollevate questioni circa i rumori molesti, l’abbandono e la raccolta non autorizzata di rifiuti. E, attualmente, della violazione di normative anticovid.
Organizzare un rave non è un reato. Lo dice la Cassazione con una sentenza del 2017 che adesso rende difficile mettere a frutto il lavoro degli inquirenti che in queste ore stanno cercando di identificare gli organizzatori della festa appena terminata tra le campagne del viterbese
Secondo la sentenza emessa dalla prima sezione penale della Cassazione il 21 luglio del 2017 infatti non sarebbe necessario chiedere autorizzazioni per l’organizzazione di queste feste libere in spazi aperti. E questo perché l’articolo 17 della Costituzione sancisce la libertà di riunione come uno dei diritti inviolabili dei cittadini che si radunano pacificamente, senza armi e in un luogo aperto al pubblico. Il diritto di riunione, hanno precisato i puntigliosi ermellini, è tutelato nei confronti della generalità dei cittadini, che, riunendosi, possono dedicarsi a quelle attività lecite.
Il mirino degli inquirenti potrebbe però essere diretto soprattutto sulla vendita di droga all’interno della festa, che potrebbe costare più di un problema ai pusher, così come sulle violenze sessuali, avvenute nel corso dei cinque giorni in cui si è svolto il party, che però ricadrebbero sulle responsabilità degli autori.
Sanzioni lievi sarebbero previste anche se gli inquirenti contestassero l’occupazione abusiva dei terreni in cui è stato organizzato l’evento e il danneggiamento dei beni del legittimo proprietario dell’area, che ha già denunciato il fatto- E ancora potrebbero essere sollevate questioni circa i rumori molesti, l’abbandono e la raccolta non autorizzata di rifiuti.
Infine potrebbero essere contestate agli organizzatori violazioni delle normative anticovid, visto che migliaia di persone si sono radunate e, in barba all’emergenza sanitaria, hanno anche evitato di indossare mascherine e dispositivi di protezione individuale.
Ma probabilmente, come al solito, gli organizzatori, che paiono essere gruppi francesi, la faranno franca.
Dalla riunione convocata al Viminale comunque è uscita una certezza, come prevedibile: la colpa è dei prefetti di Viterbo e Grosseto (dove la titolare era arrivata da soli tre giorni…).