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Magistratura: Violante contro ex colleghi, «debbono punire i colpevoli, non riscrivere la storia»

MILANO – Violante sferra un duro attacco alla magistratura politicizzata che ha dettato legge negli ultimi 20 anni, come se lui non avesse una parte di responsabilità nel collegamento fra magistratura e sinistra. Comunque riconosciamo l’onestà del suo ragionamento, seppur troppo tardivo, quando i guasti sono già stati fatti.

«Più che di Mani pulite parlerei di manipulitismo, di epigoni di Mani pulite. In ogni caso, questa mutazione del ruolo della magistratura nella società è avvenuta per gradi, nell’arco di decenni, ed è stata favorita dalle emergenze
nazionali: la mafia, il terrorismo, la corruzione. Ventuno magistrati sono stati uccisi nel Dopoguerra, un numero che non ha paragoni in Europa. Progressivamente la politica ha lasciato il campo alla magistratura e la magistratura se lo è preso’».

Luciano Violante commenta, in un’intervista al Giornale, le parole di Silvio Berlusconi, pubblicate dallo stesso quotidiano, sul valore del garantismo, attraverso le quali il Cavaliere affermava che “perseguire o condannare un innocente è il peggior crimine che lo Stato possa commettere”, e l’intervista a Carlo Nordio, secondo cui occorre
anzitutto separare le carriere. Violante mette invece l’accento sull’etica, al centro del suo ultimo saggio ‘Insegna Creonte’, pubblicato dal Mulino: «La prima questione è l’etica professionale. Pensiamo alla trattativa Stato-mafia. È sacrosanto punire i colpevoli, se tali sono, non pretendere di riscrivere la storia. Il magistrato punisce chi ha sbagliato, non ha altri compiti. Alcuni giudici sono stati accecati da una sorta di hybris, qualcosa che sta fra l’orgoglio, la superbia, la tracotanza, talvolta l’arroganza. Naturalmente, parliamo di minoranze ma sono minoranze che grazie all’intreccio con la comunicazione, creano una opinione: prima c’era la percezione si trattasse di un mondo di eroi, oggi prevale la diffidenza. E dobbiamo fare di tutto per superare questa immagine negativa perché la magistratura è fondamentale per il buon funzionamento di una democrazia».

Quanto alla riforma voluta da Marta Cartabia, ‘«mi pare un buon inizio – afferma – perché ha un’idea di cosa sia il processo. Ci sono innovazioni interessanti, fra le quali la scelta di dare al giudice che emette la sentenza il potere di determinare la pena in concreto. Prima questa fase era affidata alla magistratura di sorveglianza, in un secondo momento, ora si anticipa: il giudice ha a disposizione diverse sanzioni, non solo il carcere, e questo accresce la sua responsabilità, lo costringe ad entrare nel concreto di quella situazione. Riguardo la prescrizione, mi pare si sia fatto un passo in avanti. I processi non possono durare troppo a lungo e anche su questo versante si devono studiare attentamente le cause dei ritardi: come mai con le stesse leggi ci sono distretti di corte d’appello in cui i tempi della giustizia sono accettabili e altri in cui sono intollerabili?»

«Ci sono altri due snodi che vanno affrontati al più presto: i magistrati funzionari del Csm e le modalità del processo disciplinare. I funzionari sono magistrati e sono stati fatalmente chiamati perché legati a questa o quella corrente. Questa liaison deve finire: i funzionari devono essere professionisti selezionati con concorso pubblico, come i funzionari parlamentari. La Disciplinare è bene che rimanga dov’è per il primo grado. E solo in quello. In appello
dobbiamo creare un’Alta corte, i cui membri potrebbero essere nominati per un terzo dal presidente della Repubblica, per un terzo dalla magistratura e per un terzo dal Parlamento. Quest’Alta corte, a mioparere, dovrebbe occuparsi anche delle controversie sulle nomine e più in generale delle querelle amministrative che oggi ingolfano i Tar. Non solo: oggi il Csm decide, che so, la nomina del procuratore della repubblica di Milano in un’udienza pubblica, trasmessa integralmente da Radio Radicale. Il modello non deve essere quello del Parlamento che si riunisce in seduta pubblica, ma quello del cda di un ministero che discute e decide in modo riservato. La riservatezza è spesso un valore; la pubblicità a volte è una ipocrisia».


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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