Campagna elettorale chiusa: appelli a Roma, Milano, Siena. Berlusconi boccia asse sovranista. Lotta fra Pd e M5S
ROMA – Ultimi botti, ieri sera 1 ottobre, di una lunga campagna elettorale segnata dalla lotta politica, dalla sfida tra i partiti, ma anche da scandali e veleni. Per Matteo Salvini e Antonio Tajani ultimi comizi in Calabria, Giorgia Meloni a Roma, Giuseppe Conte a Napoli. Infine il leader dem, Enrico Letta a Siena dove è candidato alle suppletive. Sullo sfondo la partita del Quirinale, la madre i tutte le battaglie, che deciderà il futuro delle attuali leadership di ogni schieramento.
Oltre la battaglia dei sindaci, il voto delle liste darà risposte alle tante partite aperte all’interno delle coalizioni. Tra i giallorossi è lotta all’ultimo voto tra Pd e i 5 Stelle, soprattutto a Roma e Torino, dove tiene già banco l’incognita dei possibili apparentamenti ai ballottaggio tra 15 giorni. Nel centrodestra, invece, l’abbraccio tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni nella periferia romana fa tornare almeno per un giorno il sereno dopo giorni di gaffes e controversie, in cui la parola d’ordine sembrava essere il mantra morettiano: continuiamo così, facciamoci del male.
Tensione non solo tra loro, ma tra i due e Silvio Berlusconi che, dopo mesi di sostanziale silenzio, ha bocciato l’asse sovranista. Una campagna dura, condizionata anche da vicende giudiziarie clamorose, pensiamo al caso Morisi e a quello Lucano. Ma anche da inchieste giornalistiche che fanno discutere come quella di Fanpage sui rapporti tra Fdi e il mondo dell’estremismo di destra: tutti elementi che potrebbero avere conseguenze nel voto di domenica e lunedì. L’unica cosa certa è che l’esito di questa tornata elettorale potrebbe avere un effetto sulla conflittualità tra i partiti all’interno del governo, soprattutto in vista della discussione sulla legge di bilancio. Ma certamente nessuna conseguenza sulla stabilità dell’esecutivo.
Diverso il discorso per il panorama politico generale. Enrico Letta e Giuseppe Conte sono ormai da mesi al lavoro per ridurre le distanze tra i propri rispettivi elettorati, anche nelle grandi città, dove per anni si sono guardati in cagnesco. Ora però i tempi sono cambiati: le elezioni politiche sono all’orizzonte, certamente nel 2023, ma chissà anche nel 2022. Ed è tempo di mettere da parte antichi rancori. Proprio il buon esito degli apparentamenti al secondo turno nelle città, Roma e Torino su tutte, potrebbe essere il miglior viatico per un futuro accordo nazionale. Nel centrodestra, invece, dopo una campagna piena di affanni, potrebbe scattare un clima da resa dei conti. Matteo Salvini ha già posto la sua asticella circa l’esito sopra la quale si riterrà soddisfatto: avere più sindaci del passato, calcolando quelli delle grandi metropoli al pari dei piccoli centri. Non a caso la sua campagna massacrante, con almeno cinque, sette comizi al giorno, ha toccato non solo i capoluoghi ma anche i borghi più remoti.
Tuttavia, dopo il voto, si prepara a rilanciare la sua leadership logorata, anche se mai messa seriamente in discussione, dalle uscite di Giancarlo Giorgetti e qualche governatore del Nord. Giorgia Meloni, invece, forte dell’onda positiva dei sondaggi, punta a sfidare la Lega nelle sue roccaforti del Nord. Un sorpasso di Fratelli d’Italia nelle valli dove un tempo dominava il Senatur avrebbe un contraccolpo molto forte all’interno del centrodestra. Tra loro Forza Italia che punta tutte le sue carte su Roberto Occhiuto, il capogruppo alla Camera, candidato forte in Calabria. Ma anche il partito azzurro, dopo le clamorose fuoriuscite di suoi dirigenti di spicco in Lombardia teme perdite di voti.