GENOVA – Comincerà venerdì 15 ottobre 2021 l’udienza preliminare per il crollo del Ponte Morandi. Cinquantanove imputati, tra i quali l’ex Ad di Aspi e di Atlantia Giovanni Castellucci, oltre 300 parti civili, un centinaio di avvocati. L’udienza preliminare sul crollo del Morandi – il viadotto che cedette improvvisamente il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone – si svolgerà nella tensostruttura allestita nel cortile di Palazzo di Giustizia per rispettare le norme
anti-contagio. Un’udienza che partirà con la ricusazione del giudice, Paola Faggioni, da parte dei legali dell’ex amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci e altri cinque imputati.
Si andrà avanti con tre udienze alla settimana, con calendarizzazione fino al 22 dicembre. «Ci sarà un vaglio attento del giudice di tutto l’imponente
materiale di prova presentato dalla procura. Speriamo in tempi ragionevoli», ha spiegato il procuratore capo facente funzioni Francesco Pinto. «Per quanto riguarda la ricusazione – ha concluso Pinto – sarà una decisione che spetterà alla corte d’appello. Noi abbiamo ampio affidamento nel giudice Faggioni
perché per noi non ha espresso alcun pre-giudizio».
Il gup dovrà decidere in prima battuta chi ammettere come parti civili e infine chi rinviare a giudizio. Molti familiari delle vittime hanno accettato i risarcimenti da parte di Autostrade e usciranno di scena. Nei giorni scorsi il Comune, la Regione, Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato che chiederanno di costituirsi al processo.
Oltre alle 59 persone, tra ex dirigenti di Autostrade e Spea, la controllata che si occupava delle manutenzioni e monitoraggi, ex e attuali tecnici e dirigenti del Ministero delle Infrastrutture, sono imputate le due società per responsabilità amministrativa dell’ente. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’omicidio colposo plurimo, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso, rimozione dolosa dei dispositivi di sicurezza, crollo doloso. Secondo la procura, che ha coordinato il lavoro
del primo gruppo della Guardia di Finanza, gli imputati sapevano delle condizioni in cui versava il ponte ma non è stato fatto nulla. Anzi, secondo i pm Massimo Terrile e Walter Cotugno insieme all’aggiunto Paolo D’Ovidio, le manutenzioni vennero ritardate per consentire il massimo guadagno e maggiori
dividendi ai soci.
Tra gli imputati figurano l’ex ad di Aspi, Giovanni Castellucci, e gli allora numeri due e tre della società, Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli. All’inizio erano 71 le persone indagate: tre sono morti mentre per altri dieci la posizione è stata stralciata quando è stato chiesto il rinvio a giudizio per ulteriori accertamenti investigativi. Per la procura è stato un disastro partito da un errore di esecuzione e che è peggiorato anno dopo anno per l’immobilismo, l’incuria e gli allarmi
inascoltati.
In tre anni di indagini sono state sentite centinaia di persone, sequestrate migliaia di pagine di documentazione conservate in oltre duecento faldoni e 92 hard disk da due tera ciascuno. Sono stati fatti due incidenti probatori: il primo ha fotografato i resti del viadotto al momento del crollo mentre il secondo ha stabilito le cause della tragedia. Un lavoro certosino che ha scoperchiato, secondo l’accusa, un modus operandi del vecchio management della società: massimo risparmio con una minima spesa.
Dalla tragedia sono nate altre tre inchieste: quella sui falsi report sui viadotti, quella sulle barriere fonoassorbenti pericolose e quella sui falsi report sulle gallerie e la loro mancata messa in sicurezza. In tutti i filoni si ripetono quasi sempre i nomi degli stessi indagati. In questi giorni gli investigatori stanno analizzando tutto il materiale raccolto e le perizie per chiudere anche quelle indagini che verranno riunificate in un unico procedimento.