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Pensioni, il governo non decide e rimanda tutto al 2023, sindacati infuriati verso sciopero generale

Spi CgilIl Governo in sede di legge di bilancio ha scoperto le carte in tema di previdenza e pensioni, ma ha scatenato la reazione negativa dei sindacati che minacciano lo sciopero generale in quanto l’unica soluzione proposta sarebbe un rinvio al 2023. Il piano di Draghi era ben preciso, volto a procrastinare il più possibile questo argomento che interessa milioni di lavoratrici e lavoratori, arrivare alla fine di ottobre ed inserire qualche singolo provvedimento riguardante la previdenza all’interno del disegno di legge di bilancio 2022.

L’intendimento del Governo era quello di venire incontro alle richieste dell’Europa che voleva il termine di quota 100 e un progressivo ritorno alla contestatissima legge Fornero. Dapprima nel Documento Programmatico di Bilancio da mandare a Bruxelles per l’approvazione erano state inserite la quota 102 (38 anni di contributi + 64 anni di età) per l’anno 2022 e la quota 104 (38 anni di contributi + 66 anni di età) per l’anno 2023 e non era inserita l’Opzione Donna, poi nel disegno di legge di bilancio è rimasta solo la quota 102 ed è ritornata Opzione Donna ma con l’innalzamento di due anni di età per poterne usufruire.

Si passerebbe in pratica a 60 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 61 di età per le lavoratrici autonome oltre a 35 anni di contributi per poter accedere a questo istituto. Tutte le altre proposte che erano sul tappeto 41 anni per tutti, flessibilità in uscita a partire da 62/63 anni con eventuali penalizzazioni per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età sono state messe da parte. Queste due proposte quota 102 e Opzione Donna varrebbero per il solo anno 2022. Si avrebbe così un anno di tempo per varare una nuova legge previdenziale equa, strutturale e duratura che dovrebbe entrare in vigore il 1/1/2023 in sostituzione della legge Fornero.

In questi giorni il governo ha fatto trapelare che potrebbe tornare indietro su Opzione Donna ripristinando i requisiti dell’anno 2021 e che nel 2022 si potrebbe pensare ad una sorta di Opzione Libera per tutti. Consentire cioè dall’anno 2023 a tutti coloro che hanno 64 anni di età ed almeno 20 anni di contributi l’accesso al pensionamento a condizione che optino per il calcolo totalmente contributivo.

Secondo un’analisi dell’Osservatorio Previdenza della Fondazione di Vittorio e della Cgil nazionale, le misure previdenziali della legge di bilancio nel 2022 coinvolgeranno meno di un terzo della platea dei beneficiari del 2020. Le stime, viene spiegato nella nota rilasciata dalla Confederazione, sono basate su Quota 102, la proroga dell’Ape sociale con l’ampliamento dei gravosi e l’intervento sui disoccupati. Stando a quanto emerso, saranno solo 32.151 le persone coinvolte da queste misure nel 2022, ovvero il 22,6% delle 141.918 domande accolte nel 2020.

I sindacati protestano e minacciano addirittura, in particolare la Cgil, il ricorso allo sciopero generale. I punti di frizione maggiori riguardano soprattutto le pensioni, tema sul quale si è sfiorata la rottura dopo l’incontro con il premier Draghi. Quota 102 per il solo 2022 è ritenuta da Cgil, Cisl e Uil una risposta insufficiente per superare lo scalone Fornero. I sindacati chiedono di aprire subito un tavolo, senza aspettare il prossimo anno, per fissare i principi ispiratori di una nuova riforma, improntata alla flessibilità in uscita che tenga conto del percorso lavorativo differenziato di donne, giovani, impieghi usuranti e gravosi, aspettative di vita.

Come si vede la strada per il governo è ancora in salita e anche Draghi avrà difficoltà a superare le resistenze dei sindacati.

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