Pd, elezioni: Letta offre il collegio di Roma a Conte che rifiuta. Dem in difficoltà
ROMA – Altro clamoroso insuccesso, per non dire passo falso, per Enrico Letta. Alla fine è arrivato il no ufficiale dell’ex premier Conte all’offerta di candidarsi nel collegio di Roma i avanzatagli dal dem: «Ringrazio il Pd e Letta per la disponibilità e la lealtà della proposta, ma dopo un nuovo supplemento di riflessione ho capito che in questa fase ho ancora molto da fare per il Movimento 5 Stelle. Non mi è possibile candidarmi ad altro».
Conte si è poi detto convinto di poter gestire «da protagonista» i rapporti «con gli altri leader» in vista della partita del Quirinale anche «senza uno scranno».
L’ex premier ha quindi tenuto a precisare che il suo non è un diniego per «spocchia perché da parte mia sarebbe un onore, ma ritengo che non sarebbe corretto, dovendomi dedicare al Movimento, candidarmi per una carica per cui rischierei di essere un assenteista».
Le parole del leader M5S sono arrivate dopo una giornata di polemiche accese. Sia Carlo Calenda, che aveva annunciato di voler scender in campo contro Conte, che Matteo Renzi, infatti, sono partiti lancia in resta. «Se nel collegio di Roma il Pd mette in campo una candidatura riformista — dichiarava Renzi — noi ci siamo. Se il Pd candida Conte, la candidatura riformista la troveremo in ogni caso. Perché il Pd può fare quello che crede, ma regalare iI seggio sicuro al premier del sovranismo significherebbe subalternità totale. E un seggio parlamentare non un banco a rotelle». Durissimo Calenda: «Sono pronto a candidarmi pur di evitare che un seggio vada al 5 Stelle. Non esiste cedere un collegio dove hanno fatto scempio. Basta con il M5S». Ma le critiche del leader di Azione erano rivolte anche al Pd: «Non esiste nessun Ulivo 2.0 ma semplicemente un patto di potere tra due classi dirigenti prive di coraggio, di spinta ideale e di coerenza».
A sera Conte replicava sia a Calenda che a Renzi: «Quando uno vede delle uscite saccenti e sguaiate è inevitabile prendere atto che più che un campo largo rischiamo di diventare un campo di battaglia. Non ci sono i presupposti per costruire una collaborazione così larga».