Draghi: «Basta scuole chiuse. I problemi? Colpa dei no vax. Sul Colle non rispondo»
ROMA – «La scuola aperta è, per me, una priorità. E se questo Paese è immerso in tanti problemi, la colpa è dei no vax. Il Quirinale? Fatemi la domanda di riserva». Ecco, in estrema dintesi, la conferenza stampa «tardiva» di Mario Draghi, ossia convocata quando si è reso conto di non aver spiegato nel modo giusto l’ultimo decreto governativo, quello che pone limitazioni strettissime proprio ai no vax. Nel giorno del rientro a scuola e dell’entrata in vigore delle nuove misure, ossia il fatidico lunedì 10 gennaio, Draghi spiega che il 2022 va affrontato con realismo e prudenza, ma anche fiducia e soprattutto con unità.
QUIRINALE – Accompagnato dai ministri Roberto Speranza e Patrizio Bianchi e dal capo del Cts Franco Locatelli, Draghi prima parla delle misure, spiegate e rivendicate. Poi scende sul piano prettamente politico, a due settimane dal voto per il Quirinale. E risponde a una delle accuse più frequenti delle ultime settimane, quella di aver ammorbidito l’azione del governo, mediato più del solito, per aprirsi la via per il Colle: Ecco le sue parole: «Dicono che Draghi non decide? La scuola è aperta. Non risponderò a nessuna domanda sulla presidenza della Repubblica». Ma le domande arrivano lo stesso, anche perché poco prima che lui parli Silvio Berlusconi fa sapere di non ritenere possibile la sua elezione al Colle: deve restare a Palazzo Chigi. Nel centrodestra circola l’ipotesi – l’auspicio? – che il premier si tiri fuori dalla corsa. Draghi non lo fa, non aggiunge nulla a quanto detto il 22 dicembre. Risponde ai dubbi sulle divisioni in maggioranza, solo a questo: «In 11 mesi è stato necessario accogliere diversità di vedute, ma non la mediazione a tutti i costi». Sull’obbligo vaccinale per gli over 50 era giusto cercare l’unanimità, perché il risultato avesse senso. Poi fa una postilla, che è anche la condizione perché il governo, comunque finisca sul Colle, vada avanti, unito: «Le divergenze non sono mai state un ostacolo, finché c’è volontà di lavorare insieme per soluzioni condivise il governo va avanti bene».
SCUOLA– La pandemia, dunque. Draghi rivendica di aver adottato un approccio diverso dal passato, stigmatizza i 65 giorni di chiusura delle scuole nel 2020, una media pari al triplo degli altri Paesi occidentali. I governatori sono allarmati, presidenti come Vincenzo De Luca, nonostante il Tar riapra gli istituti campani, restano sul piede di guerra. Il premier replica che le scelte sono state sempre discusse con le Regioni (“Emiliano ha appena detto che è sempre d’accordo con Draghi anche se non è convinto”) ma sul rientro in classe non ammette discussioni. Locatelli sottolinea che anche il Cts è d’accordo con il governo, senza divisioni. «La scuola – spiega Draghi – è fondamentale per la democrazia, va protetta, non abbandonata. Vogliamo essere molto cauti ma minimizzare gli effetti economici, sociali, soprattuto sui ragazzi e le ragazze. Ci sarà un aumento delle classi in Dad ma la didattica a distanza non può essere generalizzata anche perché provoca disuguaglianze destinate a restare tra chi ci sta di più e di meno, tra nord e sud, e perché non ha senso se i ragazzi fanno sport il pomeriggio e vanno in pizzeria”.
OBBLIGO VACCINI – Quanto all’obbligo di vaccino per gli over 50, di cui l’Italia si è fatta apripista, Draghi rivendica di aver agito in base ai dati: «Gran parte dei problemi che abbiamo oggi dipende dai non vaccinati, occupano due terzi delle terapie intensive, quindi rivolgo l’ennesimo invito a vaccinarsi, anche con la terza dose», per proteggere la propria salute e quella di chi dovrebbe curarsi ma trova gli ospedali intasati. Sul fronte economico il premier annuncia nuovi sostegni e anche altri interventi sul prezzo delle bollette: la stima di crescita 2022 è attorno al 4-4,5%, ma c’è una lunga lista di rischi, resta prudente. Tuttavia, nvita ad andare avanti con unità e ottimismo: «Abbiamo affrontato tante sfide, le abbiamo superate grazie alla determinazione dei cittadini, delle parti sociali, del Parlamento. Abbiamo tutti i motivi per pensare che ci riusciremo anche stavolta».